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IO SONO QUESTA

Lidia Poët non fu solo la prima avvocatessa d’Italia. Fu una pioniera per l’emancipazione femminile e fu tra gli ideatori del moderno diritto penitenziario.

A LA PODEROSA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI CRISTINA RICCI SU LIDIA POET

Giorgio Perona dialoga con l’autrice e con Chiara Acciarini. Per ascoltare clicca qui sotto:


La vita

Lidia Poët   nasce  il 26 agosto 1855 a Traverse, un
piccolo comune che attualmente è una frazione di Perrero (TO). 

Appartiene a un’agiata famiglia valdese ben radicata in val Germanasca. Il bisnonno Matthieu è un’armigero dell’esercito sabaudo, il nonno Thomas è invitato dallo stesso Napoleone ad assistere alla sua incoronazione. Il padre Giovanni Piero fu sindaco di Perrero per molti anni.
Lidia, benché orfana, dopo aver  frequentato il  nel collegio svizzero di Aubonne, e aver conseguito la patente di maestra (1871), convince la famiglia che le consente di intraprenderee gli studi liceali.

Nel 1877  ottiene la licenza presso il liceo “G.B. Beccaria” (ora denominato Vasco Beccaria Govone) di Mondovì.
Il 18 giugno 1881 discute la tesi dal titolo: “Studio sulla condizione della donna rispetto al diritto costituzionale ed al diritto amministrativo nelle elezioni” che le vale la laurea in giurisprudenza. 
Questo, non fu il traguardo sognato, ma l’inizio della sua rivendicazione.
Benché avesse tutte le carte in regola per ottenere l’iscrizione all’Albo degli Avvocati, avendo superato tutte le prove stabilite dalla legge, la Corte di Cassazione respinse il suo ricorso ed emise una sentenza che confermava il provvedimento di cancellazione emesso dalla Corte d’Appello.
A Lidia Poët fu impedito di esercitare in quanto donna!
Ciò nonostante lavorò nello studio legale del fratello dove esercitò ugualmente la professione benché non in modo ufficiale.
Lidia non si arrese e dedicò  la vita alla rivendicazione dei diritti di chi non aveva voce: i minori, le donne e i detenuti. 
Frequentò le platee dei Congressi Penitenziari Internazionali dove ottenne  stima e riconoscimenti  affrontando più volte la questione della giusta pena.
Grazie anche al suo operato nacquero i tribunali dei minorenne il cui fine passò dall’infliggere la pena al recupero e al reinserimento nella società.
Era membro del comitato della scuola di ricamo Bandera di Torino e, da questa collaborazione, potrebbe essere nato un progetto di rieducazione delle detenute.
Presta anche la sua opera per la causa femminile, redige atti  e tiene conferenze in molti Congressi Femminili  dove guida le battaglie per ottenere la piena emancipazione femminile,  la parità tra i generi ed il diritto di voto.
Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale sceglie ancora l’impegno: diventa Infermiera Volontaria nel corpo della Croce Rossa Italiana ed è membro del Comitato per i Profughi del comune di Pinerolo.
Riuscì ad iscriversi all’Ordine degli Avvocati di Torino solo nel 1920.
E’ presidentessa del Comitato Pro voto di Torino a partire dal 1922.
Trascorre gli ultimi anni della sua vita a Diano Marina dove muore il 25 febbraio 1949.

Fu sepolta nel cimitero di San Martino di Perrero.

Durante la sua lunga esistenza ebbe la stima e l’amicizia di molti intellettuali. Alcune tra le lettere che le scrisse Edmondo De Amicis sono pubblicate a pag. 79 del Bollettino della società storica pinerolese e le potete leggere qui. Il pronipote Guido, all’epoca ventenne, ricorda ancora di aver portato a spalla la sua bara per l’impervio sentiero che conduceva da Perrero al cimitero di San Martino e, solo dopo anni, fu sostituito da una strada carrabile.

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