LO STRILLO OTTOBRE

ottobre 2022.

Immensa gioia per la vittoria del compagno #Lula.

In Brasile una conferma che l’unione popolare fa la forza e un’alternativa al sovranismo e al liberismo è concretamente possibile.

Brasile #UnionePopolare #Uniamoci

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Manifestazione di XR Torino: purtroppo momenti di sproporzionato uso della forza da parte delle forze dell’ordine

25.10.22 – Torino – Fabrizio Maffioletti

(Foto di Fabrizio Maffioletti)

Gli attivisti di XR hanno manifestato vestiti da Minions al grido di: “Crimine del secolo: distruggere il clima”

Purtroppo, nonostante l’oggettivo e indiscutibile carattere del tutto nonviolento delle manifestazioni di XR, rileviamo un’escalation dell’uso di sistemi sproporzionati dell’uso della forza nei loro confronti da parte delle forze dell’ordine. Uno degli episodi è avvenuto di fronte ad una passante minorenne, ci chiediamo con quali effetti emotivi ed educativi. Le immagini fotografiche sono nella galleria (slide show) in fondo all’articolo.

All’episodio era presente la Consigliera regionale Frediani di M4O, che, come sono accaduti i fatti, è immediatamente andata ad interloquire con i funzionari della Questura presenti. La consigliera non ha mancato di dichiarare l’appoggio di Movimento 4 Ottobre alla manifestazione.

Questo uso non conforme della forza ha l’effetto di indignare quella notevole parte dell’opinione pubblica sensibile al tema del clima e può provocare una radicalizzazione degli attivisti. Di fatto non conduce nella direzione del mantenimento dell’ordine pubblico. Nel momento in cui le manifestazioni sono nonviolente, l’uso inutile della forza sovverte di per sé l’ordine pubblico, creando inutile tensione. Cosa certamente non prudente in un momento come questo.

Del resto la criminalizzazione di XR convince solo la destra “climafreghista”, che anzi, la cavalca. XR a Torino è conosciuta e stimata anche per la fantasia e qualità delle loro azioni dimostrative, che stanno tuttavia incontrando una sempre maggior repressione, che come nella migliore attuale tradizione, sta sempre più diventando giudiziaria.

I temi della protesta attengono alla sordità congenita, al “climafreghismo” ostentato dalla Giunta Cirio, che, come denunciato dalle opposizioni, tra le assenze del Presidente continua a muoversi per slogan e politiche a vantaggio dei soliti pochi.

“Abbiamo deciso di bloccare l’ingresso del Consiglio Regionale del Piemonte, perché non è più possibile accettare che un governo regionale possa portare avanti politiche drammaticamente distanti da quello che la comunità scientifica chiede da anni, raccontandosi invece come il governo attento al lavoro e all’economia regionale” afferma Martina, una delle attiviste sedute all’ingresso, vestita anche lei da Minions.

Di fronte a chi continua a minimizzare lo stato di emergenza ecoclimatica e denigrare chiunque provi a denunciarlo, non ci resta che l’ironia,” afferma Clara.

“Nei prossimi mesi, si andrà invece incontro ad una pesantissima crisi energetica, i cui costi saranno scaricati sulle vite di tutti noi cittadini, con il rincaro delle bollette e l’aumento dei costi delle materie prime. I Minions hanno aiutato Gru a rubare la Luna, aiuteranno questa maggioranza a distruggere il clima o si ribelleranno?” conclude Clara.

Filmati e foto sulla manifestazione:

Le dichiarazioni di un’attivista di XR Torino

Uso della violenza contro i manifestanti


Conferenza stampa sulla manifestazione del 5 novembre a Roma

di Rachele Gonnelli

Riprendiamo dal sito Sbilanciamoci (https://sbilanciamoci.info/conferenza-stampa-sulla-manifestazione-del-5/) questo articolo di presentazione della manifestazione del 5 novembre a Roma CONTRO LA GUERRA E PER IL DISARMO.

“I partiti sono benvenuti ma noi siamo la società civile, la manifestazione è stata indetta da oltre 500 realtà associative”, dice Rete Pace e Disarmo. Sant’Egidio: “Il mondo della pace si sta risvegliando”. I sindacati: a rischio anche il tessuto industriale europeo e la democrazia.

Serviva una conferenza stampa a Roma degli organizzatori della manifestazione nazionale per la pace già convocata il prossimo 5 novembre. Sì serviva anche se il percorso non è ancora ufficiale, si sa che sono state chieste le piazze di concentramento (piazza della Repubblica) dalle ore 12 e di arrivo (piazza San Giovanni) ma ancora non ci sono i permessi ufficiali, che saranno comunicati nei prossimi i giorni. Serviva intanto per far capire che, come ha detto in apertura Sergio Bassoli della Rete Pace e Disarmo, “questa manifestazione nazionale è stata convocata dal basso, dalla società civile, ci sono oltre 500 realtà associative, laiche e cattoliche, organizzazioni locali, sindacati, che hanno promosso le mobilitazioni dell’appello Europe for Peace e sono nel comitato promotore”. E che “non è concepita come un evento, ma come un percorso”, che è iniziato il 25 febbraio scorso e è proseguito con manifestazioni locali, incluso quelle che si stanno organizzando in cento città per il fine settimana tra il 21 e il 23 ottobre, carovane di aiuti umanitari per la popolazione ucraina e altri appuntamenti. Aderiscono tra l’altro gli enti locali tramite l’Anci e l’Ali. Non è dunque una manifestazione dei partiti, che – ha specificato Bassoli – possono partecipare, come tutti, e sono bene accetti, come le persone a titolo individuale. Mentre Sergio Bassoli parlava, nella sala della protomoteca del Campidoglio, scorreva infatti sul video di spalle il lungo elenco delle adesioni  insieme al logo di Europe for Peace con la macchia nera con i confini dell’Ucraina al centro dell’Europa. 

La manifestazione nazionale a Roma del 5 novembre secondo Daniele Lorenzi, presidente nazionale dell’Arci, e Flavio Lotti della Tavola della Pace -che hanno parlato dopo – sarebbe dovuta essere convocata già prima ma Lotti ha comunque voluto ricordare che da quando è partita questa guerra, cioè dal 2014, sono state organizzate dai pacifisti 6 marce Perugia-Assisi per invocare la pace, “alle quali non risulta abbiano partecipato quelli che oggi criticano i pacifisti e vogliono metterci sotto processo”. 

Giulio Marcon, portavoce della campagna Sbilanciamoci – che insieme a Rete pace e Disarmo e a Stoptewarnow ha dato vita all’appello e alle mobilitazioni di Europe for Peace – ha ricordato come non sia mai mancata la solidarietà alla popolazione ucraina, così come ai disertori e ai pacifisti russi incarcerati. “Non siamo equidistanti”, ha detto Marcon e ha voluto ricordare a questo proposito le parole di don Tonino Bello nell’editoriale “Noi pacifisti latitanti”. Marcon ha sottolineato come sia essenziale per tutto, dalle azioni contro il riscaldamento climatico alla sopravvivenza stessa della democrazia, che si cambi strada rispetto all’attuale corsa al riarmo. In un solo anno il riarmo è costato 50 miliardi di dollari, dieci volte lo stanziamento mondiale per dare vaccini anti Covid ai paesi più poveri. “Non si può continuare così, se riempiamo il mondo di armi è chiaro che poi verranno usate”. 

Secondo Emiliano Manfredonia, presidente delle Acli “nel lessico deve tornare la parola pace, anche in quello della politica e questa manifestazione nazionale serve a questo, oltre che a dare sfogo all’inquietudine e al dolore allo stomaco di ciascuno per ciò che sta succedendo, per dire soprattutto all’Europa che le armi devono tacere”. Manfredonia si è detto contento di vedere che sul piano della pace “non ci sono divisioni  tra noi, tra laici e cattolici”. Mentre Fabrizio De Sanctis dell’Anpi ha voluto rammentare i Partigiani per la Pace degli anni ’60 e ’70, nati per segnalare come “senza la pace nessun ideale della Resistenza, dalla giustizia sociale alla democrazia, possa essere perseguito”. 

Paolo Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha voluto sottolineare come siamo di fronte a un risveglio del mondo della pace. “Purtroppo è mancato durante la guerra in Siria – ha notato – ma fortunatamente adesso c’è un risveglio perché non è possibile adattarsi alla guerra, convivere con lo sdoganamento della minaccia nucleare”. Impagliazzo ha detto che anche tra i profughi ucraini di cui Sant’Egidio si occupa si nota un bisogno di pace. “I nostri ragazzi, quelli che abbiamo accolto non volevano iscriversi a scuola a settembre nella speranza di poter tornare nelle loro scuole in Ucraina”, ha raccontato. 

“La guerra è un crimine, non è possibile nel 2022 riconoscerla come strumento legittimo per dirimere le controversie tra gli Stati”, ha detto, nel nome di Gino Strada, la presidente di Emergency Rossella Miccio. “La pace non si misura in chilometri quadrati di terreno conquistato, si costruisce ogni giorno come noi facciamo nei nostri ospedali”, ha aggiunto.  E ricordano proprio l’Afghanistan, dove dopo vent’anni di guerra sono tornati al potere i talebani, è anche chiaro come sia uno strumento che non funziona, controproducente. 

Christian Ferrari per la Cgil nazionale ha messo in rilievo inoltre come a pagare i conti della guerra sia sempre la popolazione civile, i lavoratori e le lavoratori e le fasce più povere della popolazione. “Non esiste una soluzione militare – ha chiosato – e non è possibile affrontare nodi come la transizione energetica o la tenuta del tessuto industriale continentale senza la pace, una escalation anzi finirebbe per mettere a rischio la stessa democrazia”. L’Italia, per la Cisl, deve farsi promotrice all’Onu e all’Unione Europea di una ripresa del negoziato per arrivare a una conferenza internazionale di pace. Mentre per Monica Usai di Libera “sono le organizzazioni criminali che alla fine guadagnano sulla guerra”. In chiusura, Silvia Stilli, portavoce delle ong di Aoi (Associazione delle Organizzazioni non governative Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale) che con Stoptewarnow ha organizzato le varie carovane verso Leopoli, Odessa e Kiev, si è impegnata a continuare anche dopo il 5 novembre nell’organizzazione di invii di aiuti umanitari e staffette solidali con la popolazione dell’Ucraina. “Ci piacerebbe andare anche in Russia ad aiutare i pacifisti di là”, ha concluso quasi con un sogno ad occhi aperti. 

=dal sito Anbamed 21 ottobre 2022=

Consigliamo di leggere anche l’articolo pubblicato sul sito dell’ARCI nazionale: https://www.arci.it/imanifestazione-pace-5-novembre/

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Foad Aodi: “Urge mettere in agenda politica la strategia per combattere la violenza sulle donne con soluzioni e tutele concrete”

24.10.22 – Redazione Italia sito PRESSENZA

Le donne in piazza
(Foto di Fabrizio Maffioletti)

Associazione Obiettivo no Violence, Federformazione, AD The Hub, Movimento Uniti per Unire, Amsi, Co-mai, Scuola UNIONE PER L’ITALIA, hanno organizzato un convegno a favore della formazione, della prevenzione e contro la violenza sulle donne

Il 21 Ottobre 2022 alle ore 18 si è svolta presso il Wire Coworking Space, in via Baccio Baldini a Roma, la mostra fotografica “IN_DIFESA”, un’iniziativa organizzata da Arte Città a Colori, in collaborazione con Obiettivo No Violence (associazione contro la violenza sulle donne).

Al dibattito sono intervenuti con i loro patrocini la Prof.ssa Laura Mazza Vice-Presidente di Fedeformazione, l’AD The Hub, il Consigliere diplomatico di Uniti per Unire, il Segretario Generale del Parlamento del Mediterraneo, il Prof. Dott. Foad Aodi Presidente del Movimento Internazionale Uniti per Unire, della Comunità del mondo arabo in Italia (Co-mai) e dell’associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi), il Prof. Avv. Leonardo Ercoli Coordinatore Organizzativo della Scuola internazionale “Unione per L’Italia” – Formazione in Cultura Politica e Dialogo Internazionale e la dott.ssa Manuela Del Brusco che ha coordinato il dibattito sul tema della mostra.

Il prof. Foad Aodi ha ribadito l’importanza della cultura politica e dello Stato nella formazione della classe dirigente per aumentare la sensibilità del legislatore e creare uno spirito comune e ha inoltre fatto appello al Governo italiano affinché metta in agenda soluzioni concrete per combattere la violenza sulle donne attraverso la prevenzione e collaborazione interprofessionale e interdisciplinare, come era già stato proposto nel manifesto UNIONE PER L’ITALIA sul punto riguardante questo delicato tema, ovvero:

1) Tutela della donna che denuncia violenza e revisione del Codice Rosso;
2) Incentivi economici e a sostegno del reddito per le donne vittime di violenze e abbandono;
3) Istituzione di Centri di ascolto per combattere gli effetti della violenza sulle donne;
4) Promozione di azioni comuni con le donne unite per combattere la violenza sulle donne nel mondo;
5) Combattere la violenza contro le donne migranti, lo sfruttamento sessuale minorile e i matrimoni precoci;
6) Inserimento dello psicologo e di specialisti per una collaborazione interprofessionale a favore della prevenzione e la cura degli effetti della violenza sulle donne, i loro figli e tutto l’ambito familiare.

Il prof. Avv. Leonardo Ercoli ha illustrato a livello tecnico-giuridico le importanti novità introdotte dalla legge 19 Luglio 2019 n. 69 (Codice Rosso), che ha modificato il codice penale e di procedura penale modificando alcune fattispecie di reato, tra cui l’art. 572 e 612 bis (Atti persecutori e Maltrattamenti in famiglia).

La dott.ssa Manuela Del Brusco e Michele Simolo (presidente dell’Associazione Obiettivo no Violence) hanno ricordato in un emozionante momento Elisa Tomaselli, fotografa scomparsa nel gennaio del 2020.

Grande emozione durante l’intervento dell’attrice Marianna Petronzi che con il suo intenso monologo ha inneggiato alla forza delle donne lanciando un messaggio di speranza e libertà

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SINISTRA LIBERTARIA, SINISTRA LIBERTINI

UN PENSIERO E UNA PRASSI POLITICA FECONDI E DI CUI OGGI PIU’ CHE MAI C’E’ BISOGNO

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ALL’ARMI SON FASCISTI

Appunti sul “fascismo storico” e quello attuale

di Riccardo Barbero dal sito Volere la luna

Dopo i risultati elettorali italiani, che seguono quelli svedesi e quelli tedeschi ancora precedenti e che hanno visto un’affermazione dei partiti dell’ultradestra, tutti si sono impegnati nell’escludere che questi esiti aprano una strada al ritorno del fascismo storico. Lo stesso sforzo fatto da Fratelli d’Italia, partito di estrema destra, di evitare o almeno limitare manifestazioni nostalgiche – dal saluto romano, agli slogan del ventennio – è stato evidente. Ai raduni di FdI non si canta più “faccetta nera”, ma le canzoni del povero Rino Gaetano, che probabilmente si rigira disperato nella tomba. Poi ci sono state le affermazioni filoatlantiche e l’accettazione almeno parziale della guida della Commissione europea da parte del gruppo dirigente di FdI.

Ma – c’è da chiedersi – se Benito Mussolini o ancora più Galeazzo Ciano oppure addirittura Italo Balbo tornassero in vita oggi, riproporrebbero la stessa pratica violenta e la stessa retorica nazionalista e xenofoba sulle quali hanno costruito la loro presa del potere di cento anni fa oppure si adeguerebbero a questo nuovo atteggiamento “moderato”? Le differenze storiche sono evidenti: un secolo fa la borghesia industriale e agraria si sentiva minacciata da un ampio movimento operaio e bracciantile che si ispirava al socialismo e alla Rivoluzione russa; oggi le lotte sociali sono assenti o molto limitate, quello che resta della ex sinistra politica è priva di radici sociali ed è ininfluente sul piano parlamentare; essa non costituisce nemmeno la più piccola minaccia all’ordine sociale e istituzionale. Allora l’Europa usciva consapevolmente da una guerra sanguinosa e devastante sul piano sociale e culturale, da una consuetudine profonda con la violenza; oggi essa sta scivolando inconsapevolmente ogni giorno di più verso uno scontro bellico che potrebbe avere effetti disastrosi sia sul piano umano che su quello economico, ambientale e politico istituzionale. Appare ovvio, quindi, rispondere alla domanda precedente in termini negativi: non servono oggi squadre di picchiatori e adunate oceaniche, anzi potrebbero essere controproducenti.

Ma, fatte queste semplici e forse banali precisazioni, occorre chiedersi anche se dal punto di vista delle classi dirigenti ci sia un interesse reale a disporre di un governo istituzionale autoritario negli atteggiamenti e nelle modalità con le quali affrontare i problemi di gestione sociale ed economica e se ci sia la condivisione a un ritorno a una ideologia tradizionale, incardinata sui valori antichi della nostra cultura (dio, patria e famiglia).

In questo caso la risposta non può essere altrettanto netta: la crisi climatica, quella sanitaria, quella finanziaria ed economica e ancor più la guerra in corso in Ucraina introducono tanti e tali elementi di incertezza e di rischio da rendere difficile la previsione di quali possano essere i conseguenti atteggiamenti sociali e politici. È evidente a tutti, però, che il processo di globalizzazione che ha caratterizzato l’inizio del nuovo secolo sta subendo un drastico arresto, proprio a causa dei diversi aspetti della crisi del modello economico e sociale capitalistico. Non casualmente tutta la destra dei paesi occidentali, da Trump ai conservatori inglesi, dai polacchi del PIS a Orban, dalla Le Pen agli spagnoli di Vox, fino alla Lega e a Fratelli d’Italia è schierata contro la globalizzazione e le sue conseguenze nei rapporti con i paesi e i popoli meno ricchi dell’Africa, dell’America latina e, in particolare, con i paesi asiatici (Cina in testa) che sono diventati la fabbrica del mondo intero.

Nessuno è in grado di prevedere se e come il mondo uscirà da queste contraddizioni, ma certamente una proposta conservatrice, per quanto riguarda i privilegi del mondo cosiddetto occidentale (NATO+UE), e reazionaria, per quanto riguarda i valori culturali e sociali soprattutto in funzione della discriminazione verso l’immigrazione, sta raccogliendo un consenso (o almeno un’accettazione) non solo tra le fasce sociali più colpite dal processo di globalizzazione, ma anche tra settori di ceto medio impoverito e tra una parte non minoritaria delle classi dirigenti nazionali. Per interpretare questo ruolo politico di destra non serve un anacronistico “fascismo storico”, ma è utile una sua evoluzione moderna altrettanto conservatrice nei rapporti economici e sociali e reazionaria nei valori culturali.

Questa destra non è sostanzialmente nostalgica, ma conserva memoria delle sue radici ideologiche e storiche. La piccola e apparentemente banale vicenda della fiamma tricolore nel simbolo di FdI è un sintomo di questa capacità. All’opposto, ciò che resta della sinistra politica, almeno in Italia, è solo nostalgico di un passato glorioso e incapace, finora, di rielaborare il processo storico e di rivedere le sue radici ideologiche per riproporsi in una forma attualizzata e vincente. È ancora troppo presto per capire se la sconfitta elettorale in Italia riuscirà a produrre l’avvio di questo processo di rinnovamento sia nella pratica sociale che nel dibattito e nell’elaborazione politica; è ancora troppo presto per capire se i tempi di questa rigenerazione della sinistra sociale e politica saranno adeguati allo sviluppo delle contraddizioni esplosive che interessano in particolare l’Europa. È certo, però, che se non si imboccherà decisamente e rapidamente questa strada, sarà impossibile contrastare efficacemente l’involuzione conservatrice e reazionaria.

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