Se vuoi la pace prepara la pace

SENZA VERGOGNA NE’ ROSSORE

  Una base militare nel parco di San Rossore con i soldi del PNRR.

SAN ROSSORE

Una base militare nel parco di San Rossore con i soldi del PNRR, PD e LEGA complici e responsabili dello scempio

di Maurizio Acerbo – Pubblicato il 13 aprile 2022

Draghi dichiarò alla nascita del suo governo che sarebbe stato ambientalista. Una barzelletta a cui poteva credere solo Beppe Grillo. A ennesima conferma della reale natura del governo Draghi è arrivata la decisione di realizzare con i fondi per la transizione ecologica una base militare a Coltano (Pisa) dentro il Parco di Migliarino, San Rossore, Massaciuccoli. Lo ha fatto con un DPCM firmato dal Presidente del Consiglio e dal Ministro della Difesa Guerini (PD), con l’entusiastico sostegno della sottosegretaria leghista Stefania Pucciarelli che lo ha anche rivendicato in questi giorni. Questo progetto di scempio ambientale in un’area di altissimo valore naturalistico e paesaggistico è diventato di dominio pubblico solo grazie al nostro consigliere comunale Ciccio Auletta di Una Città in Comune e Rifondazione Comunista di Pisa.

Dopo l’esplosione dell’indignazione sul territorio è cominciata la sceneggiata degli esponenti locali di Lega e PD che erano informati da quasi un anno e hanno fatto andare avanti il progetto alla chetichella con il loro complice silenzio. Il sindaco leghista di Pisa ora si dice contrario come anche gli esponenti regionali del PD a partire dal presidente Giani. Ancora una volta si dimostra che in questo paese c’è bisogno di una sinistra ecopacifista alternativa ai partiti che sostengono questo governo e che il PD e la destra vanno sempre a braccetto sulle questioni essenziali, guerre e aumento delle spese militari comprese. Lega e Pd cercheranno di venire incontro ai vertici dell’Arma che ora parla di bioarchitettura acconsentendo a presunte mitigazioni e compensazioni.

Bisogna dire no a questo progetto in toto perchè nel 2022 è intollerabile che si sia anche solo pensato un intervento del genere. E risulta ridicolo che ci si nasconda dietro al Reparto per la biodiversità. L’intervento prevede 445mila metri cubi di cemento e occuperà 73 ettari con caserme, uffici, magazzini, piste di decollo, palestre, parcheggi e villette a schiera del parco che ricomprende l’ex-tenuta presidenziale di San Rossore. E’ vergognoso che per questo intervento saranno spesi soldi del PNRR per la transizione ecologica. Il PNRR avrebbe dovuto avere come obiettivi prioritari la sanità e l’ambiente, invece si tagliano la spesa sanitaria e per l’istruzione e si aumenta quella per armamenti e nuove basi distruggendo preziosi ecosistemi. A Pisa c’è già la base di Camp Darby, in corso di ampliamento con il taglio di circa 1000 alberi, che è la più grande polveriera USA al di fuori del territorio degli Stati Uniti. E’ davvero vergognoso che ora si attacchi anche l’area della tenuta presidenziale che il Presidente della Repubblica Sandro Pertini volle che fosse aperta ai cittadini.

Noi continuiamo a pensarla come il presidente partigiano: “si svuotino gli arsenali, si colmino i granai”. Il contrario di quello che fa questo governo al servizio della NATO e della lobby dell’industria bellica. Ringraziamo le compagne e i compagni di Pisa che hanno smascherato l’operazione e le nostre parlamentari di Manifesta che hanno presentato un’interrogazione. La lotta per la pace e quella per la difesa dell’ambiente e del paesaggio vanno di pari passo.

Nè un uomo, nè un albero nè un euro per la guerra! 

Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea

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Un movimento europeo contro la guerra

di Stefano Galieni sito Trasform!

Un forum, non un’assemblea, come prima tappa per dar vita ad un obiettivo ambizioso, un Movimento contro la guerra che coinvolga l’intera Europa, quella i cui governi hanno deciso senza colpo ferire che, all’invasione criminale di Putin in Ucraina si potesse rispondere in una sola maniera, ovvero inviando armi al governo ucraino. L’incontro che darà il via a questo percorso si tiene domenica 3 aprile a Roma, presso il Centro congressi dell’Hotel The Hive, in Via Torino 6, a poche centinaia di metri dalla Stazione Termini, a partire dalle ore 10.00. L’incontro è stato organizzato da DemA (Democrazia e Autonomia), il movimento formato da Luigi De Magistris, ManifestA, la componente parlamentare che sta rappresentando le forze di sinistra contrarie alla guerra, Rifondazione Comunista e Potere al Popolo. Molte/i gli ospiti provenienti da altri Paesi europei: dalla Francia arrivano Gabriel Amard, deputato per l’Unione popolare e responsabile del giornale L’Insoumission di La France Insoumise mentre per il Belgio ci sarà Michele Daniele, assistente al Parlamento europeo del Ptb – Pvda. Sarà a Roma anche Katerina Anastasiou, sia in qualità di responsabile esteri del Kpo (il Partito Comunista Austriaco) che di esponente di Transform Europe. Due testimonianze, arriveranno, per differenti e comprensibili ragioni, in video, dalla Turchia con Ertuğrul Kürkçü, presidente onorario dell’Hdp e dalla Russia con Alexander Batov, esponente di una forza di sinistra, Rot Front e contrario all’invasione, Ione Belarra, segretaria generale di Podemos e ministra dei Diritti Sociali. Mentre scriviamo sono in corso contatti febbrili per avere anche esponenti provenienti dalla Germania e da altri che si potrebbero aggiungere in queste ore. Ci saranno poi gli esponenti delle organizzazioni promotrici in Italia ed altre/i autorevoli interlocuzioni. L’evento sarà trasmesso in diretta streaming, anche perché la sala non contiene più di duecento persone. Ci si può già prenotare per aver garantito l’accesso inviando una mail a europeagainstwar@gmail.com

Ma al di là degli aspetti organizzativi sono estremamente importanti le ragioni politiche per cui si è convocato questo Forum con cui si vorrebbe, come già detto, dar vita ad un percorso. L’appello (www.rifondazione.it/primapagina/?p=50064 ) con cui è stato lanciato l’incontro, è per forza di cose articolato. Proprio il rifiuto di una logica binaria e/o “campista” è il terreno su cui ci si intende confrontare. Nella condanna inequivocabile all’invasione russa in Ucraina, giudicata come criminale, non è accettabile che, chiunque provi ad articolare un ragionamento più complesso venga bollato come putiniano. Non solo in Italia, da questo punto di vista, si è arrivati a forme di isteria tale da creare liste di proscrizione per chi non si adegua al pensiero dominante. Nei talk show si invitano, ogni tanto, coloro che pongono problemi come l’espansionismo ad est della Nato e la necessità del suo superamento, coloro che propendono per il disarmo, che chiedono soluzioni diplomatiche e non la fornitura di armamenti all’Ucraina per giungere ad una lunga e sanguinosa guerra. Ma chi eleva pensiero critico è, appunto tacciato di “connivenza col nemico”, al massimo di essere “anima bella”. Il furore bellicista, maggioritario in Parlamento ma non nel Paese, non può essere messo in discussione, al punto che si arriva a silenziare le parole sagge del Papa, aggredire storici, opinionisti, persino comici, spingere verso una russofobia che supera i limiti del grottesco. Chi, come molti di noi, da tanti anni condannano duramente le politiche nazionaliste di Putin, il regime di repressione del dissenso imposto nel proprio Paese, si trova a ricevere lezioni di democrazia da leader politici ed editorialisti che fino a pochi mesi fa osannavano l’invasore dell’Ucraina come un fervente difensore dei “valori occidentali”. L’appello e di conseguenza il movimento che si intende costruire, si schierano, semplicemente, dalla parte dei popoli: quello ucraino, martoriato dalla guerra, quello russo, represso e impoverito anche dalle sanzioni, quelli europei, che già cominciano a pagare il costo di una folle scelta guerrafondaia. Chi si ritroverà domenica al Forum fa una scelta di pace come unica alternativa possibile, alla smilitarizzazione del mondo. Che si seguano le parole di Pertini, quel “svuotare gli arsenali riempire i granai”, pronunciato quando giurò da Presidente della Repubblica e che i 104 milioni giornalieri di aumento previsto delle spese militari in Italia si destinino invece alle tante emergenze sociali mai affrontate nel Paese: sanità, scuola, casa, lavoro, pensioni, redditi. Tra gli effetti tragici e micidiali dell’invasione, il più visibile in Europa è legato all’arrivo di milioni di profughi, per ora in gran parte fermi nei paesi confinanti l’Ucraina, ma che oramai cominciano a raggiungere anche l’intero Continente (in Italia ne sono arrivati già 75 mila per il 90% donne e bambini. Il movimento che si vuole costruire intende coniugare pace e accoglienza. Sarà un movimento dalle parole chiare e prive di ambiguità nelle scelte da operare quanto capace di includere, essere plurale, porsi l’obiettivo di dare rappresentanza alle tante e ai tanti che, in questo mese di oscena guerra, si sono riattivati, sono scesi in piazza, hanno esposto senza ipocrisia la bandiera della pace. E il forum è un passo, come lo sono state le tante manifestazioni che si sono svolte e si stanno svolgendo in vari paesi europei. Un continente di uomini e donne pensanti che non sono disponibili a rimanere inerti di fronte ad un confronto fra potenze che si combatte, senza remore, con i corpi degli altri e che insieme al conflitto in Ucraina guardano a donne, uomini e bambini in fuga da guerre altrettanto sanguinarie ma che non trovano posto in Europa.

Stefano Galieni

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Riarmare l’Europa?

di Guido Viale dal sito Pressenza

(Foto di archivio Pressenza)

Da quasi settant’anni i responsabili dei governi europei ci ripetono che la strada per l’unificazione politica dell’Europa passa attraverso l’integrazione (graduale e progressiva) delle rispettive economie: si è cominciato con la CECA (comunità del carbone e dell’acciaio) e l’Euratom (nucleare civile), si è transitati per il serpente monetario e la moneta unica, per arrivare al fiscal compact, finalizzato a legare le mani ai governi che ne subiscono maggiormente le conseguenze negative: più si integravano le economie e più si allontanava l’unità politica. E’ mancato, ci dicevano, una regia delle politiche fiscali – un ruolo che per un po’ si era pensato di attribuire a Monti – mentre quel regista c’è ormai da parecchio tempo: è la BCE e, per un lungo periodo, Draghi: due personaggi formatisi sotto l’ala della Goldman Sachs. Ed è detto tutto, sia per quanto riguarda la loro consonanza con gli interessi dell’alta finanza, sia per quanto riguarda la loro dipendenza dalla politica degli USA.

Per promuovere una vera unità politica non serve quella loro economia, che anzi è di ostacolo. Ci vuole una politica comune all’altezza del ruolo che si intende ricoprire (o che si ritiene irrinunciabile per non finire “sommersi”). Ma quella politica non c’è: doveva e poteva essere una grande iniziativa di tutela dell’ambiente – e di promozione di una maggiore equità, indissolubilmente legata ad essa – e poi, in modo sempre più pressante, di salvaguardia del clima. Ma è stata sistematicamente disattesa (e per lo più, nemmeno compresa), anche se i responsabili dell’Unione Europea vantavano su di essa un inconsistente “primato”; oggi fragorosamente franato di fronte alla guerra in Ucraina, che li ha fatti precipitosamente ritornare – ma la cosa era già nell’aria – al carbone, al gas da ogni dove, alle nuove trivellazioni, al nucleare di ogni tipo e, consequenzialmente (l’economia fossile chiama alle armi), al potenziamento della spesa in armamenti.

Così adesso ci viene detto che il maggiore e mostruoso impegno finanziario di alcuni Stati membri europei sulle armi (ma anche su gas e nucleare), quello che Il Foglio, ignaro della risonanza che certi termini possono avere, ha chiamato “l’asse Roma-Berlino”, è la strada obbligata verso una “politica di difesa” (leggi un esercito) comune e attraverso di essa verso una politica estera più autonoma dalla Nato e dagli interessi degli Stati Uniti. Niente di più falso: l’aumento della spesa militare fino al 2% del PIL è proprio ciò che gli Usa e la Nato ci stanno chiedendo da anni – insieme ai sempre più numerosi impegni diretti degli Stati membri in tutti i teatri di guerra aperti negli ultimi anni: Serbia, Iraq, Afghanistan, Libia, Siria e ora di fatto Ucraina, anche se in modo indiretto. Manca forse un generale comune, come mancherebbe il regista delle politiche fiscali? No. Le forze armate della maggior parte degli Stati europei sono da tempo impegnate in manovre integrate della Nato, in corso anche ora, sotto il comando Usa e ai confini della Federazione Russa: proprio quelle che hanno dato a Putin la possibilità di sostenere che stava aggredendo per tutelarsi. Difficile che se ne sgancino.

Anche in questo caso – anzi, soprattutto in questo caso – una politica estera comune dell’Unione Europea non può nascere sulla punta delle baionette – oggi trasformate in bombe atomiche, o anche “convenzionali”, ma quasi altrettanto micidiali), ma solo da un impegno straordinario – e potenzialmente “trainante” – nella lotta contro la crisi climatica e la devastazione ambientale. Che avrebbe dovuto godere di quella prontezza di decisione messa invece in campo da tanti governi nel trasferire da un giorno all’altro risorse dal welfare alle armi.

Di fronte a questa deriva micidiale c’è da chiedersi se non sia proprio la scelta di sostenere la resistenza dell’Ucraina con un invio massiccio di armi (a integrazione di quelle che Nato e Usa avevano già più o meno segretamente inviato prima che scoppiasse la guerra) ad aver aperto la strada a quell’aumento della spesa in armamenti che anche molti dei fautori della scelta del sostegno armato all’Ucraina deplorano. Tra quelle due scelte non c’è alcuna consequenzialità, sostiene Gad Lerner su Il Fatto. E invece sì. Il papa lo ha capito, Gad no. Perché più si prolunga e si intensifica quella guerra con l’invio di armi – invece di puntare su una vera mediazione, a cui subordinare tutte le eventuali sanzioni messe in atto o in cantiere – e più si scivola verso una situazione irreversibile, che rende non sensato – perché non lo sarà mai – ma giustificato potenziare la barriera contro il possibile sconfinamento di quella guerra.

Gli esperti militari – e molti di coloro che si sono inopinatamente promossi tali – sono divisi tra due scenari alternativi: Putin è alle strette, sta perdendo e perderà la guerra; oppure Putin sta avanzando secondo un piano programmato. Nessuno di noi profani è in grado di pronunciarsi in proposito. Ma immaginare le conseguenze delle scelte fatte dai nostri governi, questo sì, è una responsabilità che tutti dovremmo assumere.

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Quattro conseguenze della guerra in corso e quattro cose che è urgente fare

dal sito PeaceLink

La prima cosa da fare è salvare tutte le vite umana che è possibile salvare

Siamo una sola umanità, abbiamo in comune la responsabilità del bene comune, dobbiamo difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani e l’intero mondo vivente. E’ folle adoperarsi per il proprio annientamento. Occorre adoperarsi per far cessare al più presto la guerra.19 marzo 2022Peppe Sini (Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera” di Viterbo)

La prima conseguenza: l’uccisione di innumerevoli esseri umani innocenti e la devastazione di un intero paese

La prima conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’uccisione di innumerevoli esseri umani innocenti e la devastazione di un intero paese. La guerra consiste sempre e solo dell’uccisione di esseri umani. La guerra e’ sempre un crimine contro l’umanita’. Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita’, alla solidarieta’. Ogni guerra, in quanto toglie la vita a degli esseri umani, e’ contro tutti gli esseri umani.E’ a tutti evidente che l’intera popolazione ucraina e’ vittima dello scellerato, disumano delirio di potenza del governo russo.Ed e’ vittima anche della complicita’ con la guerra da parte di tutti i governi europei che invece di adoperarsi – come sarebbe giusto, doveroso, necessario – per la pace che salva le vite, preferiscono favoreggiare la guerra, e quindi il massacro del popolo ucraino, per ricavarne cinicamente presunti vantaggi politici futuri.Ed e’ vittima anche della strategia di espansione e provocazione della Nato nell’europa centrale e orientale, della Nato che e’ braccio armato della politica americana intesa a dilaniare, impoverire ed asservire l’Europa: l’Europa che se non fosse governata da governi stolti e sciagurati, quando non esplicitamente criminali e dittatoriali, dovrebbe invece sentirsi unita, dall’Atlantico agli Urali, per condivisione di una storia e di una cultura comune di cui sono parte tanto Dante Alighieri e William Shakespeare quanto Fedor Dostoevskij e Lev Tolstoj, Omero e Lucrezio come Hannah Arendt e Simone Weil, Florence Nightingale e Rosa Luxemburg, Marie Curie e Virginia Woolf.Ed e’ vittima di tutti coloro che sulla guerra, sulle stragi, sulle devastazioni, lucrano immense ricchezze: il complesso militare-industriale, i fabbricanti di armi e i mercanti di morte, tutti i poteri politici, economici, militari, ideologici e mediatici per cui lo spargimento di sangue e’ motivo di arricchimento, tutti vampiri che si nutrono del sangue delle vittime innocenti della guerra.La popolazione ucraina – come quella yemenita, come quelle di tutti luoghi del mondo in cui la guerra sta infuriando e mietendo vittime – e’ oggi il cuore dell’umanita’ che subisce la violenza di un sistema di dominio ciecamente rapace e votato alla distruzione di ogni bene, di ogni vita.La solidarieta’ con la popolazione ucraina, e con tutte le popolazioni vittime di guerre e dittature, e’ il sentire e il dovere di ogni essere umano decente.

La seconda conseguenza: l’impoverimento dell’intera Europa

La seconda conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’impoverimento dell’intera Europa, che significa che in tutti i paesi europei le classi sociali sfruttate, oppresse, emarginate, gia’ subiscono e sempre piu’ subiranno ulteriori sofferenze, ulteriori violenze, ulteriori rapine, ulteriori violazioni dei diritti umani fondamentali.Mentre la pandemia di covid e’ tutt’altro che conclusa e continua a mietere vittime ogni giorno, l’intera umanita’ dovrebbe dismettere ogni conflitto ed unirsi nella lotta comune per il bene comune, per la vita di tutti gli esseri umani.Mentre si aggrava la crisi ambientale globale che minaccia l’intera biosfera e renderebbe invivibile agli esseri umani ed agli altri esseri viventi tanta parte del mondo, l’umanita’ intera dovrebbe cessare di uccidere, distruggere, avvelenare e desertificare, ed unirsi invece in un impegno corale per la salvezza comune, di se’ stessa, degli altri esseri viventi e dell’intero mondo vivente.Ma mentre la pandemia e la crisi ambientale convocano a questo impegno comune di universale fratellanza e sorororita’, di difesa della vita nel e del mondo intero, i governi europei favoreggiano e finanziano la guerra, negano assistenza ai propri stessi popoli, impongono decisioni economico-finanziarie e finanche specificamente energetiche semplicemente scellerate, che fanno strame del bene comune e dei beni comuni, che violano tutti i fondamentali diritti umani di tutti gli esseri umani.

La terza conseguenza: il riarmo e la crescita delle spese militari

La terza conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ il riarmo e quindi la crescita delle spese militari nei bilanci di tutti gli stati europei e non solo: risorse sottratte ai popoli per usarle a fini di morte.Chiunque capisce che il riarmo porta alla guerra e alla barbarie, alle uccisioni e alle devastazioni, alla riduzione in miseria e alla disperazione di intere popolazioni.Chiunque capisce che o l’umanita’ fermera’ il riarmo o le armi annienteranno l’umanita’.Tutti i governi che stanno adottando misure di riarmo e di incremento delle spese militari, che stanno aumentando la produzione e il traffico di strumenti di morte, che cosi’ alimentano le guerre in corso e ne preparano di nuove, stanno commettendo un crimine contro l’umanita’.

La quarta conseguenza: l’avvicinamento a un conflitto mondiale

La quarta conseguenza della guerra scatenata dal governo russo contro l’Ucraina e’ l’avvicinamento a un conflitto mondiale che puo’ distruggere l’intera famiglia umana.Gia’ da piu’ parti, senza scrupolo alcuno, e’ stata evocata la guerra nucleare. La guerra nucleare che significa la concreta possibilita’ della distruzione dell’umanita’.E’ mai possibile che degli esseri umani siano cosi’ folli da adoperarsi per l’annientamento dell’umanita’, ovvero anche di se stessi? Quale che possa essere la misura del delirio di onnipotenza, ovvero il “cupio dissolvi”, del Cremlino o della Casa Bianca, di Parigi o di Berlino, della Nato o dell’Isis, e’ diritto e dovere dell’intera umanita’ impedire questo crimine estremo.

La prima cosa da fare: far cessare la guerra e soccorrere le vittime

La prima cosa da fare e’ adoperarsi per far cessare al piu’ presto la guerra e salvare tutte le vite umana che e’ possibile salvare.Per questo occorre chiedere l’immediato cessate il fuoco.Occorre inviare aiuti umanitari alle vittime della guerra.Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone in fuga dalla guerra.Occorre sostenere gli oppositori alla guerra in Russia, in Ucraina e in tutto il mondo.Occorre impedire che vengano inviate armi che hanno come unico effetto di estendere la guerra e di uccidere altre persone.Occorre proporre, promuovere ed organizzare in tutto il mondo la difesa popolare nonviolenta che e’ l’unica alternativa concreta, coerente ed efficace alla cosiddetta “difesa armata” (“difesa armata” che non e’ mai adeguata difesa delle vite umane, sempre consistendo nell’uccisione di esseri umani, ed essendo quindi in verita’ sempre e solo “offesa armata”).Occorre sollecitare l’Onu ad inviare forze di interposizione non armata e nonviolenta.Occorre sollecitare l’Onu ad imporre veri negoziati di pace.Occorre riconoscere che la pace si costruisce solo con mezzi di pace.Occorre riconoscere che siamo un’unica umana famiglia in un unico mondo vivente casa comune dell’umanita’ di cui tutte e tutti siamo insieme parte e custodi.Ogni vittima ha il volto di Abele.

La seconda cosa da fare: dismettere le politiche di guerra economica

La seconda cosa da fare e’ dismettere le politiche di “guerra economica” (le manovre speculative tra cui anche le cosiddette “sanzioni”) che lungi dal contrastare la guerra guerreggiata, lungi dall’impedire le stragi e le devastazioni, hanno come unico effetto reale di ancor piu’ impoverire e portare alla fame e a stenti insostenibili le classi sociali sfruttate, oppresse ed emarginate dell’intera Europa.I diritti sociali sono diritti umani, ogni essere umano ha lo stesso diritto di ogni altro essere umano a una vita degna.La difesa della biosfera e’ un dovere non piu’ rinviabile, pena la catastrofe.

La terza cosa da fare: smantellare gli arsenali atomici

La terza cosa da fare e’ il disarmo del mondo e la smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle culture.Occorre sciogliere la Nato, che e’ un’organizzazione terrorista e stragista i cui vertici meritano anch’essi, da molto tempo, di essere processati e condannati per crimini di guerra e crimini contro l’umanita’. L’esistenza della Nato peraltro impedisce una politica comune di sicurezza europea, l’esistenza della Nato impedisce che l’Europa possa smilitarizzarsi e promuovere il benessere di tutte le popolazioni dall’Atlantico agli Urali, l’esistenza della Nato impedisce che l’Europa possa essere un’unica Europa, democratica e solidale.Occorre smantellare gli arsenali atomici e cessare di produrre armi atomiche. Come chiari’ una volta per sempre Guenther Anders l’esistenza degli arsenali nucleari e’ incompatibile con la liberta’ e  la dignita’ umana, e’ incompatibile con l’esistenza dell’umanita’.Occorre ridurre drasticamente e progressivamente le spese militari dei bilanci statali, riconvertendole in spese sociali. Cessare di destinare risorse pubbliche a fini di morte ed usarle invece per la vita. Come disse memorabilmente Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali e si colmino i granai”.Occorre contrastare le ideologie e le pratiche, le disumane normative e le abominevoli strutture, che fanno del governo dell’Unione Europea (complici i governi degli stati che la compongono) un’organizzazione che attua politiche razziste e schiaviste, classiste e belliciste.Ed occorre contrastare la politica degli Stati Uniti d’America – di cui la Nato e’ braccio armato in territorio europeo, e la Gran Bretagna si e’ resa propaggine -, una politica razzista, imperialista e neocolonialista di cui sono vittima i popoli del sud del mondo e la stessa Europa.

La quarta cosa da fare: salvare l’umanità dalla catastrofe

La quarta cosa da fare e’ la scelta della nonviolenza, che è oggi l’unica politica che può salvare l’umanità dalla catastrofe. La nonviolenza come politica: come programma politico, come organizzazione sociale, come regolazione e risoluzione dei conflitti, come inveramento della democrazia, come riconoscimento dell’umanità di tutti gli esseri umani. Siamo una sola umanità, abbiamo in comune la responsabilità del bene comune, dobbiamo difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani e l’intero mondo vivente.

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Il tempo della diserzione

Andrea Staid Comune info

Quelli che sono in alto fanno di tutto per ignorare chi sceglie di non combattere, chi pensa di non essere di proprietà di uno Stato nazione. Per questo occorre rilanciare l’etica e la lotta antimilitarista, contrastare la presenza militare nei territori e l’enorme crescita delle spese militari, ricordare che non ci sono eserciti giusti e guerre buone. “Dovremmo essere tutte e tutti disertori – scrive Andrea Staid -, perché la storia ci ha insegnato che la guerra la fanno i capi di stato, le classi padronali, i generali e la combattano e la pagano i civili…”. È tempo di lottare non solo contro una guerra vicina geograficamente, ma contro ogni forma di dominio

Foto di Randy Tarampi tratta da unsplash.com

C’è un aggressore, l’esercito russo. Ci sono interessi dei grandi capitali in gioco, da entrambe le parti. Coloro che ora patiscono i deliri di alcuni e i subdoli calcoli economici di altri, sono i popoli di Russia e Ucraina (e, forse presto, quelli di altre geografie vicine o lontane). Da zapatisti quali siamo, non sosteniamo l’uno o l’altro Stato, ma piuttosto coloro che lottano per la vita contro il sistema. Durante l’invasione multinazionale dell’Iraq (quasi 19 anni fa) guidata dall’esercito americano, ci furono mobilitazioni in tutto il mondo contro quella guerra. Nessuno sano di mente allora pensava che opporsi all’invasione fosse mettersi dalla parte di Saddam Hussein. Ora è una situazione simile, anche se non la stessa. Né Zelensky né Putin. Fermate la guerra…”

[Sesta Commissione dell’EZLN, in Messico]

Sono ormai diverse settimane che si parla di guerra, che si fa la guerra, che si subisce la guerra. Probabilmente per il tipo di lavoro che ho scelto di fare (l’antropologo) vivo costantemente la percezione di essere in guerra, essendo in contatto con tante donne e uomini che non vivono o non sono nati nella “fortezza Europa” e che sono in guerra o scappano da guerre che durano da anni.

Detto ciò, nelle ultime settimane la guerra è più presente nelle nostre vite, i media parlano solo di questo; le immagini tragiche e i gesti di solidarietà ci travolgono, e quindi come tutte/i anche io mi percepisco di più dentro questo conflitto.

Sono consapevole che lo Stato genera la guerra e di fatto se ne nutre, ne elabora l’ideologia, costruisce l’immagine del nemico e ne diffonde la rappresentazione; ora questo vale per la Russia e per l’Ucraina. In entrambi i casi c’è una costruzione simbolica dell’altro come il nemico assoluto, l’incarnazione del male, del barbaro che attenta le vite dei bravi cittadini. Il problema principale è che chi decide di entrare in guerra spesso non si preoccupa dei suoi effetti su chi la guerra non l’ha scelta; penso agli invasi, ma anche agli invasori, ai soldati semplici costretti a combattere qualcosa che spesso non capiscono.

La soggettività è respinta da chi stabilisce il conflitto, Putin e Zelensky nelle loro dichiarazioni desoggettivizzano il conflitto, ragionano senza pensare alle emozioni dell’individuo, alle scelte e alle possibilità che possono legittimamente portare a scegliere di non combattere in nessun fronte, pensando di non essere di proprietà di uno Stato nazione, ma di far parte di un mondo al di là delle appartenenze nazionali. Come giustamente scritto da “Non una di meno” nel comunicato per lo sciopero contro la guerra e per il disarmo dell’otto marzo “bisogna opporsi all’uso della forza militare, diretta e indiretta, da parte dell’Ue per la risoluzione di questo conflitto, perché sappiamo che questi interventi non hanno mai portato pace, ma solo altre violenze e devastazioni: lo abbiamo visto in Siria, in Afghanistan, in Iraq, in Libia. Il riarmo dei Paesi dell’Unione Europea segna una nuova fase politica di fronte alla quale non possiamo rimanere in silenzio. Ci opponiamo all’aumento delle spese belliche che tolgono finanziamenti e risorse al welfare, all’istruzione, al sistema sanitario e a tutti quei settori che sono usciti distrutti da questi anni di pandemia. Siamo con tuttx quellx che non si riconoscono e si oppongono alle alleanze belliche. Ci opponiamo con forza alla logica di un’accoglienza diversificata per i profughi, che respinge o accetta in base al colore della pelle e alla nazionalità di provenienza”.

Chi vive in un paese dove si combatte militarmente sa che la guerra è un atto totale che investe completamente tutte e tutti. Ovunque esso sia e qualunque cosa faccia è nella guerra. Quando è in corso una guerra niente e nessuno può restarne fuori: natura, animali, uomini, beni, apparato economico e tecnologico, modelli ideologici, tutto si dispone a servizio della guerrai.

Il modesto contributo che voglio portare con questo mio scritto è un elogio alla diserzione, totale e intransigente contro tutte le guerre. Sono convinto che, ora più che mai, sia fondamentale rilanciare l’etica e la lotta antimilitarista, partendo proprio da una critica alle “nostre” servitù militari, senza dimenticarci che le truppe dell’esercito italiano sono dislocate in decine di Paesi nel mondo, che il territorio che ci circonda è costellato di basi Nato, Usa, europee, italiane: abbiamo radar sulla testa, sottomarini nei nostri mari, fabbriche di armamenti, esercitazioni nei nostri paesi.

La morte del disertore Articolo e video di Ascanio Celestini

L’industria bellica italiana fornisce le proprie armi distruttive agli eserciti e alle polizie di tutto il mondo, ma non solo: negli ultimi anni l’esercito è anche nelle strade, nei quartieri considerati marginali o pericolosi, più per costruire un’immagine falsata di sicurezza che con reali attività repressive. La militarizzazione della nostra società implica politiche autoritarie e antisociali che coinvolgono le istituzioni su vari livelli, politici, economici e sociali, basti pensare alle enormi spese militari che impoveriscono tutta la popolazione.

Chi subisce più di tutti il militarismo è la popolazione civile, non solo durante la guerra, ma anche in periodi di “pace”, perché l’impatto ambientale delle basi militari, delle esercitazioni e delle aree a esse adibiteii è devastante; si distruggono interi ecosistemi, producendo un continuo danneggiamento dell’ambiente che aumenta in modo esponenziale quando gli eserciti si mettono in marcia per fare la guerra. In questi giorni in Ucraina non stanno morendo solo animali umani, ma animali di tutte le specie, foreste e territori escono dilaniati dalle azioni belliche e le conseguenze si continueranno a pagare per anni, soprattutto per chi tornerà a vivere in quei territori, e questo vale per vinti e vincitori.

Non voglio volutamente approfondire la situazione geopolitica di quest’ultima guerra che non mi vede parteggiare per nessuno, se non per i disertori di entrambe le nazioni, ma ci terrei a sottolineare che se da una parte siamo davanti a una sorta di guerra di posizione e colonizzazione dei territori da parte della Russia, dall’altra c’è l’Ucraina in preda al caos politico che chiede aiuto a una organizzazione militare insostenibile come la Nato.

La Nato, è importante ricordarlo, ha raddoppiato in termini geopolitici la sua presenza nel mondo dalla fine della guerra fredda; in pochi anni ha occupato militarmente territori con basi e infrastrutture, non solo in molti paesi dell’Europa centrale e orientale, ma anche il Medio Oriente vede la sua presenza in modo sempre più ingombrante.

Altra cosa sulla quale vorrei riflettere che sembra colpire la maggior parte dei giornalisti di tutto il mondo come fosse una grande novità è l’utilizzo da parte della Russia della catastrofe ambientale come risorsa bellica, soprattutto facendoci tremare con l’occupazione delle centrali nucleari. Purtroppo questa è una pratica tristemente nota e utilizzata da tutti i guerrafondai, in primis dalla Nato che proprio per vincere “rapidamente” una guerra, nel 1999 attaccò le industrie chimiche di Pancevo in Serbia per creare un danno ambientale totale e definitivo al nemico.

Deve essere chiaro: non ci sono eserciti giusti, non ci sono guerre buonePer questo dovremmo essere tutte e tutti disertori, perché la storia ci ha insegnato che la guerra la fanno i capi di stato, le classi padronali, i generali e la combattano e la pagano i civili, l’ambiente e tutti gli animali che ci vivono.

Essere contro la guerra per me significa essere contro il militarismo, che sia quello russo, francese, yankee, italiano o cinese non fa differenza. Sono antimilitarista, contro la guerra e quindi contro tutte le istituzioni militari, nessuna esclusa.

Trovo essenziale ribadire con forza che è importante lottare contro l’esaltazione e la diffusione dello spirito militaristico della Nato, della Russia, dell’Ucraina e di qualsiasi nazione e che la scelta di armare l’Ucraina sia grave, utile soltanto a chi fa affari sulla morte delle persone vendendo armi.

Siamo in un mondo dove si sceglie di parteggiare senza essere realmente informati, dobbiamo batterci contro il militarismo, il che significa lottare non solo contro una guerra vicina geograficamente, ma contro la gerarchia, l’autorità e a ogni forma di dominio e discriminazione

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