LO STRILLO : la rassegna stampa di Radio Poderosa
Luglio 2023
IL 25 LUGLIO 1943 LA FAMIGLIA CERVI A CAMPEGINE OFFRI’ A TUTTO IL PAESE UNA GRANDE PASTASCIUTTATA PER FESTEGGIARE LA CADUTA DEL REGIME FASCISTA
L’origine della Pastasciutta Antifascista
Il 25 luglio del 1943, a seguito della riunione del Gran Consiglio del Fascismo, Mussolini viene destituito e arrestato. Dopo 21 anni terminava il governo del Partito Fascista. Il Re designò il Maresciallo dell’esercito Pietro Badoglio come nuovo capo del governo.
Nonostante la caduta del Fascismo, la guerra continuava a fianco dei tedeschi: nei giorni successivi l’arresto vi furono numerose sollevazioni popolari; il 28 luglio, a Reggio Emilia, i soldati spararono contro gli operai delle Officine Reggiane facendo 9 morti.
I Cervi non vennero immediatamente a conoscenza della notizia della caduta di Mussolini perché impegnati nei campi, ma fu sulla via del ritorno a casa che incontrarono numerose persone in festa.
Sebbene sapessero che la guerra non era davvero terminata, decisero di festeggiare comunque l’evento, un momento di pace dopo 21 anni di dittatura fascista. Si procurarono la farina, presero a credito burro e formaggio dal caseificio e prepararono chili e chili di pasta.
Una volta che questa fu pronta, caricarono il carro e la portarono in piazza a Campegine pronti a distribuirla alla gente del paese. Fu una festa in piena regola, un giorno di gioia in mezzo alle preoccupazioni per la guerra ancora in corso: anche un ragazzo con indosso una camicia nera (forse era l’ultima rimasta?) fu invitato da Aldo a unirsi e a mangiare il suo piatto di pasta.
OGGI SI FESTEGGIA ANCHE A…
Vercelli
Novara
Torino
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DICHIARAZIONE DI TUNISI: Comunicato dell’Incontro dei Popoli per la Dignità dei Migranti
In Africa non c’è sviluppo senza mobilità!
In Europa, non c’è tregua senza lo sviluppo dell’Africa!
Le associazioni della società civile provenienti da Tunisia, Maghreb, Africa occidentale ed Europa si sono riunite a Tunisi il 20 luglio per esprimere e affermare il loro disaccordo con le politiche migratorie perseguite dagli Stati. I muri si ergono su tutti i ceti sociali e testimoniano una disastrosa guerra alla mobilità umana. Prive di risorse o sotto la minaccia di conflitti e disastri naturali, le persone non hanno né il diritto di migrare, né il diritto di non migrare, né il diritto di essere salvate, intrappolate da coloro che le governano e da coloro che dominano il mondo.
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Sono passati oltre vent’anni da Genova 2001. Conversazione con Vittorio Agnoletto
19.07.23 – Laura Tussi dal sito
Sono passati oltre vent’anni da Genova 2001, un momento che ha segnato la vita di molte persone e che ancora oggi, dopo tante analisi politiche, indagini, processi, è una ferita aperta nella storia italiana. Come racconteresti a una ragazza o a un ragazzo nato nel 2001 o dopo, l’epoca di Genova?
QUI L’INTERVISTA A VITTORIO AGNOLETTO: https://www.pressenza.com/it/
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“Le tante ragioni della Pace”: il 14 luglio a Roma conferenza promossa dall’ANPI nazionale
Migranti adulti: presidio di protesta davanti ad un CPIA per il diritto allo studio e a un servizio dignitoso
da Pressenza Redazione Torino
A Torino da anni sembra inarrestabile l’arretramento del diritto allo studio degli adulti: i Centri provinciali per l’istruzione degli adulti
I CPIA, sono sempre meno in grado di rispondere alla richiesta sia di apprendimento della lingua italiana, sia di percorsi di studio finalizzati al conseguimento di titoli di studio.
Negli ultimi tre anni le richieste di iscrizione sono aumentate e le cattedre sono diminuite, soprattutto nei quartieri più densamente popolati da residenti stranieri e da cittadini che avrebbero necessità di iniziare percorsi di educazione permanente. Le sedi continuano ad essere insufficienti e spesso inadeguate. Parecchie centinaia di persone nell’ultimo anno scolastico non hanno potuto studiare.
Quest’anno nella parte nord della città gli ostacoli per chi vuole studiare sono aumentati: due Cpia hanno arbitrariamente deciso di non ottemperare alle disposizioni ministeriali che definiscono le modalità di iscrizione: il Cpia1, Paulo Freire, ed il Cpia 2, Piero Angela.
Eppure la Nota ministeriale 16358 del 17 maggio è chiara. Infatti c’è scritto:
• Il termine di scadenza per le iscrizioni ai percorsi di istruzione degli adulti è fissato al 31 maggio 2023 e, comunque, entro il 16 ottobre 2023
• È consentito presentare la domanda di iscrizione anche da remoto, secondo le modalità individuate dai CPIA nell’ambito della propria autonomia e nel rispetto della normativa di riferimento.
• Resta ferma, in ogni caso, la possibilità per l’adulto di presentare la domanda in presenza.
I due Cpia non hanno, fino ad ora, aperto le iscrizioni da remoto e, per quanto riguarda il Cpia1 di via Domodossola, neanche in presenza creando evidente disagio ed escludendo di fatto molte lavoratrici e molti lavoratori precari dalla possibilità di iscriversi per l’anno scolastico 2023-24. Saranno impossibilitati, per esempio, i tanti lavoratori stagionali che già si trovano nei campi e nei frutteti del meridione: quando torneranno a Torino i posti a disposizione nei cpia saranno esauriti.
Alle tante donne e ai tanti uomini che hanno cercato inutilmente di iscriversi sembra siano state date risposte del tipo: “torna il 4 settembre, ma all’alba perché c’è gente che si mette in coda alle 4 del mattino per riuscire a iscriversi”. Facile previsione: l’irresponsabile scelta di non permettere le iscrizioni in questi mesi, distribuite nello spazio temporale necessario, determinerà un vero e proprio “assalto al posto di studio” e determinerà code incivili che nulla hanno da invidiare a quelle per rinnovare il permesso di soggiorno.
Anche educatrici ed educatori delle associazioni, volontarie e volontari delle “scuole delle mamme”, operatrici ed operatori di vari soggetti sociali sono rimasti sconcertarti ed indignati.
La carenza di posti disponibili nei cpia ha fatto sorgere negli anni tanti corsi informali gestiti dal privato sociale e dal volontariato: una “supplenza” di fronte all’insufficienza del servizio di Stato. La difficoltà, o l’impossibilità, ad iscrivesi nei cpia che operano in Barriera di Milano, le Vallette, Borgo Vittoria, Aurora, San Donato, ha determinato una nuova emergenza e generato una risposta dal “basso”: sono stati organizzati momenti e luoghi informali di supporto e di orientamento per le persone di quei quartieri, gestiti da soggetti sensibili al tema del diritto allo studio. Si sono rivolte, per esempio, al “Circolo Banfo” molte mamme di Barriera di Milano e alla “Casa del Popolo Estella” donne e uomini che abitano nella parte nord della città.
Sono molte le persone che ogni giorno entrano in uno dei due cpia per iscriversi e la loro richiesta non viene accolta, talvolta anche in modo sgarbato.
Sono molte le proteste di singoli e di soggetti collettivi.
Il “servizio antidiscriminazione” dell’ASGI – Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione – ha preso posizione chiedendo ai due Dirigenti Scolastici di procedere subito ad iscrivere cittadini italiani e stranieri anche a mezzo telematico.
Ieri la Casa del Popolo Estella, con persone e soggetti sensibili al diritto allo studio, ha organizzato un presidio davanti al Cpia1 di via Domodossola per chiedere “diritto a studiare – diritto ad iscriversi”.
L’iniziativa ha denunciato pubblicamente non solo l’attuale situazione che ha creato disagio e discriminazioni ma anche le politiche scolastiche nazionali e locali che determinano la grave carenza di organici e risorse nell’istruzione degli adulti nonché la mancanza di democrazia e partecipazione nei cpia, uniche autonomie scolastiche della città i cui dirigenti chiedono all’USR l’autorizzazione a non eleggere nelle proprie scuole, i Consigli di Istituto.
Il presidio non sarà probabilmente una protesta isolata: a partire dal poco rispetto per le persone più vulnerabili dimostrato dai cpia in questi mesi si sta formando in città un gruppo informale e diffuso di cittadine, cittadini, soggetti sociali determinati a prestare attenzione affinché vengano rispettati il diritto allo studio e il diritto alla partecipazione attiva. Diritti previsti dalla Costituzione e dalle norme relative all’istruzione degli adulti.
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Salviamo la vita di Ocalan
Pubblichiamo il comunicato del Consiglio Nazionale del Kurdistan.
Appello urgente al Consiglio d’Europa, UE e ONU per una missione ad hoc a Imrali
9 luglio 2023
Gravi minacce alla vita e alla salute di Abdullah Öcalan
In un’intervista dell’8 luglio, Sabri Ok, membro del consiglio esecutivo dell’Unione delle comunità democratiche del Kurdistan (KCK), ha dichiarato al canale televisivo curdo Sterk TV che lettere di minaccia sono state recentemente inviate ad Abdullah Öcalan in forma anonima tramite l’amministrazione della prigione di Imrali. Oltre alla regola dell’illegalità a Imrali, queste gravi minacce costituiscono un nuovo livello di terrore psicologico nei confronti di Öcalan. Questo problema ha quindi causato grandi preoccupazioni tra noi e i milioni di curdi in tutto il mondo che sostengono Abdullah Öcalan.
Come ha affermato Mr. Sabri Ok, le recenti minacce sono state trasmesse tramite lettere anonime controllate e trasmesse sia dallo stato turco che dall’amministrazione penitenziaria di Imrali. Secondo Mr. Ok, le lettere includevano messaggi del tipo: “Noi somministreremo un veleno che porterà alla tua morte. Anche gli insetti che si nutrono del tuo cadavere saranno avvelenati e periranno”. Questo è successo in un momento in cui il signor Öcalan non ha avuto mezzi di comunicazione con il mondo esterno per circa 28 mesi.
Il leader del popolo curdo e fondatore del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) Abdullah Öcalan è stato detenuto come prigioniero politico per oltre 24 anni nella prigione turca dell’isola di Imrali, inclusi molti anni di isolamento sotto il regime dell’AKP. Le minacce più recenti devono essere prese molto sul serio poiché il signor Öcalan è già stato avvelenato nel marzo 2007. Ciò è stato successivamente dimostrato da diversi laboratori internazionali, incluso il laboratorio ChemTox di Strasburgo, sulla base di un campione di capelli del signor Öcalan. Il risultato del test ha mostrato che il livello di cromo e stronzio velenosi nei capelli del signor Öcalan era molto più alto del normale.
Soprattutto negli ultimi 28 mesi, gli avvocati e la famiglia del signor Öcalan non hanno potuto fargli visita. Anche le telefonate non sono state consentite. L’ultimo segno del sig. Öcalan è stata una breve telefonata con suo fratello il 25 marzo 2021. Sebbene gli avvocati si siano continuamente rivolti alle autorità competenti in Turchia e al Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) per poter vedere il proprio cliente, non hanno ricevuto alcuna risposta.
Questa e le suddette minacce alla sua vita hanno sollevato grandi preoccupazioni per la vita del signor Öcalan tra noi e l’intero popolo curdo. Il CPT finora ha purtroppo rifiutato di agire e non ha condiviso alcuna informazione sulla situazione nel carcere di Imrali, sebbene, secondo i criteri del Consiglio d’Europa, sia l’unica organizzazione che può visitare questo carcere in qualsiasi momento.
Alla luce della gravità delle recenti minacce alla vita di Öcalan, chiediamo al Comitato dei Ministri e all’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, dell’UE e delle Nazioni Unite di organizzare una missione urgente ad hoc per visitare Abdullah Öcalan. Se ciò non è possibile, chiediamo a queste istituzioni di esercitare pressioni legali, politiche e diplomatiche sul loro Stato membro, la Turchia, per consentire una visita immediata da parte degli avvocati o della famiglia del signor Öcalan.
Consiglio esecutivo del KNK
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Jenin: bisogna agire con urgenza!
dal Coordinamento Europeo Comitati per la Palestina,
Nella notte del 2 luglio l’esercito israeliano ha lanciato un’offensiva su larga scala contro la città di Jenin e il suo campo profughi, mettendo in azione un migliaio di soldati e centinaia di veicoli militari, oltre a portare attacchi con elicotteri e droni. Il bilancio attuale è di 10 morti e un centinaio di feriti. Circa 3000 persone sono state evacuate, ma senza alcun riparo alternativo. Questa è la più grande operazione israeliana in Cisgiordania negli ultimi 20 anni. Inoltre, i soldati impediscono l’assistenza medica. I giornalisti sono direttamente presi di mira e viene negato loro l’accesso al campo. Un altro enorme crimine di guerra viene così perpetrato davanti agli occhi del mondo.
La propaganda israeliana, con grande noncuranza, ha parlato di “azione contro i terroristi e contro l’Iran”, dicendo che Israele non ha voluto “occupare” la città, anche se Jenin, come Gerusalemme Est e tutti i Territori palestinesi, è sotto occupazione dal 1967. Di fronte alla violenza senza fine dell’occupazione, all’accelerazione della colonizzazione e del furto di terra, alle regolari incursioni militari, alla crescente violenza dei coloni e alla totale assenza di qualsiasi protezione per la popolazione, sia da parte dell’Autorità Palestinese che della comunità internazionale, un numero sempre maggiore di giovani palestinesi scelgono di difendere con le armi le loro famiglie e i loro quartieri.
L’inerzia della comunità internazionale di fronte a 56 anni di brutale occupazione ha la sua parte di responsabilità nello spingere questi giovani palestinesi alla resistenza armata. Tuttavia, cerchiamo di veder le cose con chiarezza. Un popolo sotto occupazione ha il diritto di resistere all’occupazione, compreso il ricorso alla lotta armata (protocollo addizionale I alla Convenzione di Ginevra). È ora che la comunità internazionale agisca, per porre fine alla sua involontaria complicità. Quest’ultima incursione non ha nulla a che fare con “l’antiterrorismo” o la “sicurezza”, come afferma la retorica ingannevole di Israele per giustificare l’ingiustificabile. Anche se Israele ha diritto alla sicurezza come qualsiasi altro paese, è un’affermazione assurda che la sicurezza di una potenza occupante con l’esercito più potente della regione sia minacciata da chi resiste all’occupazione con mezzi rudimentali. Anche i palestinesi hanno diritto alla sicurezza e alla protezione. Tanto più che le loro vite hanno poca importanza per il governo israeliano, che è apertamente razzista e attua una politica di apartheid. È probabile che questa sanguinosa offensiva militare si protragga se mancherà un’azione decisa della comunità internazionale.
Quando l’autorità responsabile non solo non riesce a proteggere i civili sotto il suo controllo, ma diviene essa stessa l’autore di gravi crimini, la responsabilità di proteggere i civili passa alla comunità internazionale.
Chiediamo all’UE, ai suoi Stati membri e agli altri Paesi Europei di:
- aumentare urgentemente la loro presenza diplomatica a Jenin, per dimostrare che la comunità internazionale sta monitorando la situazione,
- fornire protezione ai palestinesi,
- porre fine all’attuale massacro e impedirne l’annunciato sviluppo,
- utilizzare ogni leva, compreso l’embargo sulle armi e le sanzioni, per fare pressione sul governo israeliano affinché rispetti le norme di legge.
Voi tutti avete la responsabilità di evitare un altro crimine di stato come quello dell’aprile 2002, quando avvenne un assalto violento senza precedenti contro il campo rifugiati di Jenin.
Traduzione a cura di AssoPacePalestina
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LA STRAGE DI REGGIO EMILIA
Il 7 luglio 1960 il popolo scese in piazza a Reggio Emilia per protestare contro un governo appoggiato dal MSI. Tra di loro c’erano molti che avevano combattuto la guerra di Liberazione, erano stati partigiani, e si ritrovavano le stesse persone che avevano combattuto col fucile che ambivano a cariche di Governo nell’Italiana repubblicana e antifascista creata da loro. Quel giorno credevano di poter combatterli pacificamente, manifestando la propria rabbia senza armi in pugno, ma la polizia li falciò con sventagliate di mitra e colpi di pistola. I partigiani Marino Serri, 41 anni, Afro Tondelli, 36 anni ed Emilio Reverberi, 39 anni, che i fascisti e i nazisti non erano riusciti a uccidere, caddero per mano della Polizia della Repubblica che loro avevano creato. Insieme a loro caddero i giovanissimi Lauro Farioli, 22 anni e Ovidio Franchi, 19 anni.
Furono uccisi per proteggere i fascisti. Nell’Italia antifascista.
da un post Facebook di Luisa Castagnoli
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Appello di Massimo Cacciari, Donatella Di Cesare, Raniero La Valle, Carlo Rovelli, Michele Santoro e Marco Tarquinio contro la guerra in Ucraina
01.07.23 – Peacelink Telematica per la Pace
Gli ultimi avvenimenti dimostrano quali formidabili pericoli il mondo possa correre in seguito a un’esplosione “anarchica” dell’impero russo. Migliaia di sistemi d’arma micidiali possono finire nelle mani di gruppi politici e para-militari assolutamente irresponsabili. Uno scenario di questo genere dovrebbe spingere ogni autorità ragionevole, al di là della discussione e della ricerca sulle cause che ci hanno condotto a questo punto, ad assumere tutte le iniziative possibili per un cessate il fuoco, per una tregua, per l’avvio di serie trattative.
Che significa ostinarsi per la “vittoria”? Che significa “vittoria”? La continuazione del massacro bellico in terra ucraina sino, appunto, alla dissoluzione sic et simpliciter della Federazione Russa? Grandi Paesi come India, Brasile e Indonesia si sono espressi per una equa soluzione del conflitto, rimanendo del tutto inascoltati.
Il Papa e la Chiesa insistono invano da tempo perché parlino finalmente politica e diplomazia e con la missione promossa in queste settimane hanno osato dare un esempio.
Questa è la via che anche la nostra Costituzione esige senza mezzi termini. Non solo in essa non esiste traccia di un concetto di “guerra giusta”, ma comunque si voglia interpretare e in che limiti il nostro “ripudio” della guerra, quel che è certo è che il dettato costituzionale obbliga chi ci governa a privilegiare sempre e comunque la via della trattativa. Che si fa in questo senso? Quali atti ha assunto il nostro governo per promuovere iniziative già sperimentate in altri teatri di guerra, come l’invio di forze internazionali di interposizione? Noi riteniamo inoltre che un governo sia costituzionalmente tenuto ad agire per l’interesse nazionale.
Quale interesse ha il nostro Paese a che si continui una guerra, si continui in massacri e devastazioni, che calpestano ogni diritto umano? Nessuna persona dotata del ben dell’intelletto può ritenere altro che idiota propaganda i paragoni con la guerra mondiale delle democrazie contro il nazi-fascismo.
L’interesse europeo, economico, politico, culturale è che la guerra finisca, che la Federazione Russa mantenga la sua stabilità, che i rapporti economico-culturali con essa possano riprendere. Interesse nazionale è che i fondi per l’aumento delle spese militari possano essere utilizzati per sostenere le strutture già in crisi del nostro Stato sociale. Stiamo assistendo a un vergognoso aumento di queste spese in tutto il mondo, a un vero e proprio riarmo tedesco, mentre crollano gli investimenti in scuola, sanità, servizi. Anche questo è palesemente contrario a spirito e lettera della Costituzione.
È necessario che un grande movimento di popolo costringa i governi europei a un drastico mutamento di rotta.
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