LO STRILLO : la rassegna stampa di Radio Poderosa
Maggio 2023
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Gaza: video-documentario “All that’s left to me”
Gaza è una prigione, una terra in guerra permanente, da dove non si può scappare. Ma dentro Gaza la gente vive e tutto quello che fa fa parte di una resistenza che rivendica la voglia e il diritto di sopravvivere. Entrando in Gaza dunque non ci sono solo le immagini che i media commerciali propongono, quelle della devastazione e della povertà. A Gaza la gente ricostruisce, crea, produce reti, fornisce aiuto e cerca anche la bellezza, perché è una cosa che al potere non piace.
Le immagini di una Gaza diversa sono quelle che appaiono nel film All that’s left to me, regia di Mariella Bussolati (durata 30 minuti) che racconta di un gruppo di ragazzi, attori non professionisti, che hanno riscritto l’Odissea e poi l’hanno messa in scena.
Lo spettacolo merita di essere visto anche in Italia, e sarebbe una bellissima occasione di far viaggiare i ragazzi palestinesi, cosa che normalmente non possono fare.
E’ stato lanciato dunque un progetto di crowdfunding per riuscire ad avere i fondi necessari a pagare il viaggio. : https://www.produzionidalbasso.com/project/dalla-striscia-di-gaza-ai-teatri-italiani/
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Appello per un uso di pace dei fondi del Recovery Plan
al Parlamento Europeo al Consiglio dell’Unione al Parlamento italiano
Negli ultimi anni si è rafforzato un processo di militarizzazione dell’Unione europea, con scelte che hanno portato all’istituzione di un Fondo europeo per la Difesa e di uno Strumento “per la Pace” che in realtà è funzionale all’invio di armamenti e alla cooperazione di natura militare, senza un coinvolgimento del Parlamento e dei cittadini europei su una questione tanto delicata e che tocca le fondamenta dello stesso Trattato di Lisbona. Per la prima volta dalla sua fondazione come percorso di pace, l’UE ha destinato miliardi di euro – mascherati da linee di finanziamento industriali e con meccanismi decisionali e di controllo opachi fin dai progetti preparatori – al sostegno dell’industria militare, senza un dibattito serio sulla propria politica estera e di difesa. E con il rischio, in parte già concretizzato, sia di distogliere risorse a interventi di natura sociale e cooperativa più utili sia di alimentare una pericolosa corsa agli armamenti.
La recente proposta della Commissione europea di permettere agli Stati membri di utilizzare il Fondo di coesione UE e il PNRR per sostenere le imprese della difesa nella produzione di munizioni e missili destinati all’Ucraina mostra la volontà di trasformare la tragedia della guerra in Europa in occasione di profitto per le multinazionali delle armi e, al tempo stesso – con una base giuridica più che dubbia – propone di rimettere in discussione il senso originario del Recovery fund, concepito specificamente per tre principali azioni: la transizione verde, la transizione digitale e la resilienza dopo la pandemia.
L’Act to Support Ammunition Production (ASAP), nelle parole delcommissario europeo Thierry Breton, è un piano «mirato a sostenere direttamente, con i fondi UE, lo sviluppo dell’industria della difesa, per l’Ucraina e per la nostra sicurezza», da velocizzare al punto da chiedere deroghe perché le fabbriche di armi e munizioni possano funzionare giorno e notte, sette giorni su sette, entrando in «modalità economia di guerra».
Questa nuova misura – non diversamente da quella già all’esame del Parlamento europeo, relativa agli acquisti coordinati per la difesa – è strumentale alla realizzazione di strategie in materia di difesa, elaborate senza la partecipazione del Parlamento europeo e con un intervento quanto meno dubbio dei Parlamenti nazionali. Anche dopo Lisbona, i Trattati riservano alle politiche di difesa un regime speciale che esclude il ruolo decisionale del Parlamento europeo, impedisce il ricorso a strumenti legislativi, non garantisce un pieno rispetto dei diritti fondamentali e limita il ruolo della Corte di Giustizia.
Il testo viene presentato come una proposta di politica industriale e mercato interno, mentre persegue di fatto obiettivi collegati alla sicurezza dell’UE, per la quale il Trattato non ammette l’adozione di misure legislative.
Davanti alla sfida rappresentata dalla guerra in Ucraina, la risposta del Parlamento europeo e della Commissione deve tener conto dei rischi che l’escalation militare può produrre e delle conseguenze che la scelta del sostegno militare, anziché la scelta del negoziato, possono costituire per il futuro dell’Europa. La strada deve essere quella di una democratizzazione della politica di difesa europea, nella volontà di condizionarla al rispetto dello Stato di diritto, non quella della strumentalizzazione delle politiche europee e delle risorse dei contribuenti dell’Unione.
Consideriamo ingiustificato il fatto che il provvedimento in questione preveda la possibilità di disapplicare le norme in materia ambientale, di tutela della salute umana e della sicurezza sul luogo di lavoro.
Chiediamo che il Parlamento europeo, che ne discuterà a Bruxelles il prossimo 31 maggio, non accetti di rimettere in discussione le misure di solidarietà già decise attraverso il PNRR, affermando che, in materia di difesa, i nuovi fondi possono essere utilizzati solo con il ruolo determinante del Parlamento, nel rispetto dei valori e dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della Carta delle Nazioni Unite. Non bisogna ripetere gli errori commessi sugli altri fondi legati all’industria militare, per i quali il Parlamento europeo ha rinunciato nella pratica alle proprie prerogative di controllo in piena trasparenza.
Chiediamo perciò che nell’ambito delle iniziative dell’Unione sulle politiche di finanza sostenibile, le armi controverse – oggetto di convenzioni internazionali che ne vietano lo sviluppo, la produzione, lo stoccaggio, l’impiego, il trasferimento e la fornitura – siano considerate incompatibili con la sostenibilità sociale.
Chiediamo che il settore sia soggetto a un rigoroso controllo normativo da parte degli Stati membri per quanto riguarda il trasferimento e l’esportazione di prodotti militari e a duplice uso.
Chiediamo la creazione di un comitato di collegamento tra Parlamento europeo e Parlamenti nazionali, nel quadro delle loro competenze ai sensi dell’art. 12 del TUE per il monitoraggio della messa in opera di queste disposizioni.
Chiediamo di vigilare affinché l’industria bellica non possa esercitare un’influenza indebita – come invece già avvenuto fin dall’istituzione dei programmi precursori del Fondo europeo per la Difesa – sulle agende politiche nazionali in materia di difesa e sicurezza e perché, nel rischio di un progressivo scivolamento verso un’“Europa delle Patrie”, l’industria bellica non diventi un mostruoso “motore di crescita”, cinica declinazione dei concetti di “ripresa” e “resilienza”.
23 maggio 2023
Libertà e Giustizia Rete Italiana Pace e Disarmo ANPI ARCI
Saranno due gli appuntamenti principali del prossimo weekend di mobilitazione del movimento pacifista: da Perugia la Coalizione “Europe For Peace” rilancerà ancora una volta la richiesta di un “cessate il fuoco” e di un percorso di negoziato per arrivare alla Pace in Ucraina (e in tutte le guerre che devastano il mondo). Un cammino che non si ferma, dopo mesi di azione per la Pace caratterizzati da manifestazioni nazionali, giornate diffuse di mobilitazione, cinque Carovane di Pace “Stop The War Now”. Iniziative che nel loro complesso hanno coinvolto centinaia di migliaia di persone e vedono il contributo di oltre 600 aderenti a “Europe For Peace”.
Si inizierà nel pomeriggio di sabato 20 maggio con l’Assemblea di Europe For Peace nella doppia sede del Cinema Mélies (in Via della Viola 1, a Perugia) e della Sala dei Notari dalle 15.00 alle 20.30. Grazie anche al contributo di esponenti dei movimenti pacifisti di tutta Europa si aprirà un dibattito sul bilancio di più di un anno di guerra anche in prospettiva della mobilitazione di Europe for Peace e soprattutto delle proposte politiche messe all’attenzione delle Istituzioni. Si ragionerà anche su come coordinare l’iniziativa a livello continentale mettendo al centro degli sforzi il Summit Internazionale per la Pace organizzato dalla società civile internazionale il 10 e 11 giugno a Vienna. Tappa fondamentale per la costruzione di una mobilitazione pacifista e di una rete in Europa a partire dalle esperienze realizzate nei diversi Paesi.
Come sottolineato da Sergio Bassoli del Tavolo di Coordinamento di Europe For Peace: «I governi stanno pericolosamente tagliando i fondi per la salute, l’educazione, le abitazioni anche per gli studenti, per comprare le armi che continuano a uccidere le vittime che dicono di voler aiutare. Si rifiuta non solo il piano di pace della Cina, ma anche la proposta di mediazione del Papa, per puntare alla pace con la vittoria delle armi, non della mediazione diplomatica. Dobbiamo attivarci per cambiare rotta ed è questo il contributo che la società civile vuole continuare a dare».
Tra gli altri hanno già confermato la loro presenza e il loro intervento: Raffaella Bolini (ARCI), Fabio Alberti (Un Ponte Per), Margherita Esposti (UDU), Matteo Bracciali (ACLI), Giulio Marcon (Sbilanciamoci), Sergio Bassoli (CGIL e Rete Italiana Pace Disarmo), Maurizio Simoncelli (Archivio Disarmo), Massimiliano Presciutti (ALI), Virgilio Dastoli (Mov Europeo), Mari Franceschini (ANPI), Alfio Nicotra (UPP), Vanessa Pallucchi (Forum Terzo Settore – Legaambiente), Emiliano Manfredonia (ACLI), Maurizio Landini (CGIL), Flavio Lotti (Tavola della Pace), Silvia Stilli (AOI), Paolo Impagliazzo (Comunità di S. Egidio), Mao Valpiana (Movimento Nonviolento) e i rappresentanti della rete Stop The War Now.
Tutti rappresentanti di organizzazioni che sostengono la straordinaria Marcia per la Pace Perugia-Assisi che si svolgerà domenica 21 maggio sul tradizionale tracciato della storica iniziativa per la Pace. La Coalizione “Europe for Peace” di fronte al continuare della guerra in Ucraina ha infatti aderito con convinzione alla Marcia Perugia-Assisi del prossimo 21 maggio, sottoscrivendo l’appello dei promotori, invitando tutte le proprie organizzazioni e i propri comitati organizzare la partecipazione ed essere presenti per ribadire il No alla guerra e il Sì a politiche di pace, di solidarietà e di accoglienza.
Abbiamo organizzato insieme le manifestazioni nazionali e centinaia di iniziative locali contro la guerra in Ucraina, per il cessate il fuoco, il negoziato, una conferenza internazionale per la pace. Continuiamo a lavorare insieme facendo della Marcia Perugia Assisi una grande occasione di mobilitazione, di lavoro comune, di unità del movimento pacifista italiano.
www.sbilanciamoci.org/europe-for-peace
www.retepacedisarmo.org/europe-for-peace
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In memoria di Gian Piero Clement
6 MAGGIO 2023
Gian Piero Clement, figura di spicco della sinistra piemontese è morto nella sua casa di Pinerolo dove era nato il 5 dicembre del 1957. Da tempo combatteva con determinazione e coraggio contro una grave malattia. Militante e dirigente di Rifondazione Comunista era stato assessore comunale allo Sport e vicesindaco di Pinerolo oltre che consigliere regionale dal 2005 al 2010. A Palazzo Lascaris aveva ricoperto il ruolo di Presidente del gruppo di Rifondazione. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di lavorare con lui, apprezzandone la passione e l’impegno a concentrare gli sforzi verso i più deboli e la parte meno tutelata della società, la sobrietà, lo sguardo severo e l’inquietudine. Ci mancherà la sua libertà di pensiero e credo proprio che la sua scomparsa interroghi tutti noi sul bisogno di una riflessione profonda su cosa è stata la cultura e l’identità della sinistra e sulla natura della politica. Ripensando a Gian Piero mi è venuta in mente una delle più belle definizioni della parola “compagno” che mi sia mai capitato di leggere. Scriveva nel 2007 Mario Rigoni Stern : “ è un nome bello e antico che non dobbiamo lasciare in disuso; deriva dal latino ‘cum panis’ che accomuna coloro che mangiano lo stesso pane. Coloro che lo fanno condividono anche l’esistenza con tutto quello che comporta: gioia, lavoro, lotta e anche sofferenze”. Così è stato per Gian Piero Clement. E così lo voglio ricordare insieme a coloro che sapranno continuare la sua lotta e il suo impegno.
di Marco Travaglini da Il Torinese
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La Scuola per la pace invita
studenti, docenti, personale della scuola, genitori
a partecipare alla manifestazione indetta dall’ANPI il 24 aprile
in occasione del settantottesimo anniversario della Liberazione.
Per la pace, il lavoro e l’ambiente è sempre tempo di Resistenza,
è sempre tempo di Liberazione!
LUNEDÌ 24 APRILE 2023
Ore 20.00 – CORTEO – FIACCOLATA da Piazza Arbarello a piazza Castello
Ore 20.30 – Piazza Castello – Interventi dal palco
dell’avv. Bruno Segre, partigiano nelle Brigate GL in Val Grana,
e della dott. Barbara Berruti, Direttrice dell’Istoreto.
La Scuola per la pace sarà dietro lo striscione del Coordinamento Antifascista Torino.
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In questa occasione vogliamo condividere le parole della partigiana combattente Livia Laverani Donini (1917-1982) che, come tante altre donne, interpretò la propria lotta di Resistenza come una “guerra alla guerra”:
“Non potrei mai mutuare dagli uomini l’ammirazione per le virtù guerriere; ritengo che averle esaltate sia stata una non indifferente componente per far accettare le guerre disumane e stupide. Ho combattuto perché si affermassero i valori civili, non i valori militari. Questo mi toglie ancora i sonni adesso: la necessità di fare la guerra.
Noi ci siamo state tirate per i capelli per fare alla guerra. Solo questo ha potuto giustificarlo. Né l’amore per l’avventura, né il bisogno di affermare il coraggio fisico, e ne abbiamo avuto tanto. Non ci sto a questi ricordi: un giorno parlavo della mia incapacità di superare l’odio per i fascisti e i tedeschi collocandoli storicamente, e io figlio mi disse: “Hai ragione, se hanno obbligato una donna come te a prendere le armi”. Li odio per ciò che mi hanno costretta a fare. Che però è stata una scelta, ovviamente.
Anzi, avevo i bambini a casa, e mio marito non era tornato dalla Russia. Ma ho potuto contare sui miei genitori. Mia madre non mi ha mai detto: ”Pensa che hai dei bambini” (…) la nostra casa a Villanova Mondovì era ricovero di partigiani. Chiunque passasse era un figlio.
Il modo per entrare in contatto con le bande partigiane è stato il più solito: portare sale e fiammiferi a degli sbandati. Di lì iniziò la mia azione di collegamento. A metà del 1944 venni individuata, arraffai i miei due bambini e mi buttai verso la montagna. Entrai a far vita di banda. I miei figli li ho tenuti qua e là, poi a casa, poi li ho di nuovo portati via con me quando nel 1945 le cose si sono fatte più pericolose, e c’era il rischio che mi ricattassero attraverso di loro. Nella nostra formazione, la V Alpi, c’erano altre donne, però io ero l’unica combattente. E del resto cosa vuoi che facessi, la sarta o la cuoca?
Essere l’unica donna con tanti uomini allora non mi ha mai messo in contraddizione. Forse contava il fatto che ero moglie di uno che non era tornato dalla Russia, figlia e sorella di comunisti che avevano pagato con la galera o con la vita. Mi dicevano, i miei compagni, che avevo coraggio fisico, però avevo delle paure che mi bloccavano. Quello che chiamavano coraggio era paura. Se la pace può essere pace “al femminile”, sta proprio in questo rifiuto della violenza come possibile manifestazione eroica. Anche se, posto che ci dovessi tornare, farei le stesse cose e le farei anche meglio”.
(…) Il periodo partigiano è il migliore della mia vita. Non ho di quel tempo ricordo di un mio gesto che vorrei cancellare o che vorrei non aver compiuto. L’aderenza della mia coscienza attuale ai miei gesti di allora è perfetta e completa e amo, come allora, i miei compagni di banda”.
(Intervista di Piera Egidi a Livia Laverani Donini (1980), in Piera Egidi Bouchard, Compagna Livia, SEB 27, Torino, 2015, pp. 131-132 e Nota autobiografica (1955), ivi, p. 100).
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Aggiungiamo che giovedì 20 aprile si é tenuto il terzo incontro del corso di formazione Ripudiare la guerra, costruire la pace, di cui invieremo quanto prima la registrazione.
Condividiamo infine due importanti iniziative per la pace e contro l’invio di armi in Ucraina su cui invieremo ulteriori info nei prossimi giorni:
– l’appello per la Staffetta per la pace promossa da Michele Santoro e altri per il 7 maggio, a cui si può aderire individualmente: https://www.facebook.com/100064627633945/posts/pfbid0bmGHskSupePnHJahyAQaSHivJeMDsjbFzUAQPKz7vZgQwLX2JekvSouUXo6d4NWJl/
– l’avvio della raccolta firme per i referendum abrogativi “Italia per la pace“, in favore della sanità pubblica e contro l’invio di armi in Ucraina
Buon 25 aprile dalla Scuola per la pace
Manituana – Laboratorio Culturale Autogestito
Food Not Bombs Torino
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Apre il cantiere dell’autonomia differenziata. Dal ddl Calderoli alle future intese
di Massimo Villone
- Di cosa parliamo. Il ddl Calderoli non è la legge che concede l’autonomia a singole regioni. È una legge generale volta a disegnare per tutte le regioni il procedimento per cui altra e successiva legge (speciale e “rinforzata”) approvata a maggioranza assoluta dei componenti concederà la maggiore autonomia a ciascuna regione richiedente sulla base di intesa stipulata con quella regione (art. 116.3).
- Critica al ddl Calderoli. Il ddl rileva essenzialmente perché disegna un procedimento in cui la partecipazione del parlamento a definire il contenuto delle intese di cui all’art. 116.3 è ridotta a pareri, nemmeno vincolanti, e persino eventuali. Anche gli enti locali sono emarginati.
- L’autonomia differenziata ex art.116.3 (AD) è pericolosa per l’eguaglianza nei diritti e l’unità del paese. Due motivi.
a. Potenziale irreversibilità. L’AD è concessa con un procedimento legislativo speciale: richiesta della regione, approvazione con legge a maggioranza assoluta dei componenti sulla base di intesa con la regione richiedente. Potrà essere modificata solo con lo stesso procedimento, e quindi in specie con una nuova intesa. La regione dispone di un potere di veto nei confronti di modifiche non gradite, e può difendere eventuali condizioni di vantaggio acquisite.b. Inammissibilità del referendum abrogativo. Come legge rinforzata, per giurisprudenza della corte costituzionale la legge che approva l’AD sulla base di intesa si sottrae al referendum ex art. 75 Cost.c. Effetto domino. La concessione di AD a una o più regioni sarà un forte incentivo per le altre ad avanzare analoga pretesa, dal momento che la quantità e qualità dell’autonomia conquistata determineranno la cifra del ceto politico regionale nel political market generale. - La pericolosità dell’AD non è temperata dal ddl Calderoli
Il ddl è legge ordinaria, come tale inidonea a imporre vincoli giuridicamente efficaci alla diversa e successiva legge che attribuisce l’AD alla singola regione sulla base di intesa - La pericolosità dell’AD non è temperata dai LEP assunti a condizione per il trasferimento.a. Le materie LEP sono solo una frazione delle materie suscettibili di trasferimento, e potrebbero essere assoggettati a Lep solo alcuni ambiti in ciascuna materiab. Il modello Calderoli (ddl + legge bilancio 791 segg.) si riferisce alla “determinazione” dei Lep, con invarianza di spesa. Quindi potrebbe essere una definizione formale, utile solo a far partire il trasferimento, e si prefigura una sostanziale conferma della spesa “storica”.c. Anche per i Lep parlamento ed enti locali sono completamente emarginati. I Lep sono conclusivamente adottati con DPCM.
- Il paese può essere frammentato anche senza AD per il numero e il rilievo delle materie assegnate alla potestà legislativa concorrente dall’art. 117.3. Ne dà prova il dissolversi del sistema sanitario nazionale in sistemi regionali. Lo stesso potrebbe accadere per la scuola, il lavoro, l’energia, le infrastrutture strategiche e altro.
- Fermare il ddl Calderoli, qualora si mostrasse possibile, non metterebbe in sicurezza unità del paese ed eguaglianza nei diritti. Per questo fine è necessaria una riscrittura mirata degli artt. 116.3 e 117 Cost.
- Questo è l’obiettivo della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare presentata dal Coordinamento per la democrazia costituzionale.
a. Si giustifica perché una norma del regolamento del Senato (art. 74) assicura la calendarizzazione, aprendo la via a un dibattito in aulab. Riscrive l’art. 116.3 eliminando la natura pattizia (Intesa) e introducendo la possibilità di referendum nazionali sia al momento della concessione di AD, che successivamentec. Riscrive l’art. 117, commi 1, 2, 3, in cui:d. Ridefinisce i livelli “essenziali” come “uniformi”e. Trasferisce dalla potestà concorrente a quella esclusiva materie essenziali per l’unità e l’eguaglianza, come scuola, servizio sanitario nazionale, lavoro, infrastrutture strategiche strumentali a politiche nazionali di riequilibrio territoriale e coesione socialef. Introduce una clausola di supremazia della legge statale analoga a quelle esistenti nei sistemi federali
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7 aprile 2023. Giornata europea contro la commercializzazione della salute.
Come ogni anno, il 7 aprile, World Health Day per l’OMS, la Rete europea contro la commercializzazione della salute (https://europe-health-network.net/), ripropone di “festeggiare” trasformando questa giornata denunciando come la salute e la sanità siano sempre più ridotte a merce e sempre più ritenute un nuovo business da cui trarre i maggiori profitti per i grandi gruppi. Ne fanno le spese, ovviamente, le persone, i malati poichè aumentano in modo esponenziale le diseguaglianze in accesso ai servizi e questi ultimi diventano sempre meno universalistici.
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DA 60 ANNI IN CAMMINO PER LA PACE E LA FRATERNITÀ
Nel 2021 la Marcia PerugiAssisi ha compiuto 60 anni. Una lunga storia di pace. Anzi d’impegno per la pace e i diritti umani. Una storia fatta di centinaia di migliaia di donne e uomini di tante generazioni e di ogni età
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