INSORGENTI!
Da Firenze
di Roberto Morea sito Trasform!
Per chi è stato a Firenze lo scorso sabato è stata davvero una bella giornata. I numeri dei partecipanti alla manifestazione promossa dagli “insorgenti” della GKN, è stata davvero enorme e hanno risposto in pieno all’aspettativa che ognuno di noi, magari segretamente, si auspicava. Una presenza multiforme con una articolazione di soggettività che andava da centri sociali, forze politiche, organizzazioni, associazioni che hanno risposto all’appello dei lavoratori e le lavoratrici della GKN e dei movimenti ambientalisti, di convergere in un appuntamento nazionale, per esprimere una opposizione alle politiche economiche e guerrafondaie del governo.
È stato un passaggio importante che ha visto attraversare la città di decine di migliaia di persone preoccupate e indignate di come si stia affrontando la crisi economica e ambientale nel nostro paese e a livello globale.
Indignate per l’aumento delle spese militari che sottraggono soldi pubblici a sanità, scuola, welfare e rafforzano i giochi di potere che i grandi interessi finanziari hanno in Italia e nello scenario globale. Dopo due anni di pandemia, la promessa che ne saremmo usciti migliori, sembra buttata nel cesso. La promessa di una transizione che consenta di fermare almeno il surriscaldamento dell’atmosfera e consentire di poter continuare ad abitare il pianeta, archiviata nella lista di cose da fare dopo.
Intanto la finanza specula su ciò che vuole, acqua, energia, terre, arrivando a quotare nella borsa di New York, ogni risorsa naturale. Proprio quella finanza che decide di delocalizzare le fabbriche, come la GKN, anche se attive ed in buona salute, per aumentare di qualche zero virgola incassi e dividendi. Cancellando sistemi produttivi, lavoro e sicurezza.
Lo scenario di investimenti pubblici del PNRR che dovrebbero servire a raddrizzare la rotta e consentirci di riprenderci, si allontana ancora.
Quindi il “che fare” sembra più che mai urgente e necessario. Serve certamente una convergenza che sappia ricondurre le tante vertenze i tanti conflitti in una vera opposizione politica. Una ricostruzione di un blocco sociale che partendo dalla propria condizione, per quanto disgregata e frantumata, sappia definire un proprio progetto non solo di opposizione ma di vera prospettiva di alternativa.
La manifestazione di Firenze e il percorso che le operaie e gli operai della Gkn hanno saputo mettere in atto restituisce alla lotta un valore non solo per un risultato pratico alla risoluzione della difesa del proprio posto di lavoro, ma anche alla capacità del conflitto di raccogliere intorno a sé ogni lotta contro le molteplici sfaccettature del conflitto tra capitalismo e vita. Bisogna prendere atto che questo può accadere solo sulla mobilitazione e la convergenza dei soggetti sociali, oggi non rappresentati nel palazzo, ma che anche nella rappresentanza sindacale trovano poca rilevanza.
Una delle assenze che più ha colpito nella bella giornata di Firenze, è stata infatti la mancata presenza delle maggiori organizzazioni sindacali, a partire dalla FIOM e della CGIL, che pure sono i riferimenti della lotta della GKN. Una assenza che pone ancora più domande sulla capacità del maggiore sindacato di schierarsi e assumere il compito di rappresentare non solo il malcontento delle tante vertenze senza risposta, ma anche la possibile proposta di alternativa alle scelte governative. Lontani i tempi in cui la vicenda di Pomigliano aveva raccolto intorno alla FIOM la speranza e l’aspettativa di una possibile riscossa. Eppure basterebbe poco per riprendere il cammino e far tornare al centro il movimento operaio e il conflitto delle tante vertenze.
Va dato merito alla GKN non solo di aver ripreso la parola nome dei tanti lavoratori e lavoratrici che in questi anni hanno visto perdere il proprio posto di lavoro e il proprio salario ma anche quella di aver saputo intrecciare le tante e diverse mobilitazioni sull’ambiente, sulla conversione di un modello economico più giusto socialmente ed ecologicamente con il tema del lavoro.
Un lavoro dignitoso e un pianeta da rispettare sono infatti aspetti che vanno a braccetto per immaginare una fuoriuscita da una crisi che, senza una presa di parola di molti, sembra destinata ad essere affrontata con la cura di sempre, ristrutturazione/restaurazione a carico dei deboli, arricchimento e benefit per i potenti.
La giornata di Firenze offre una speranza, ma c’è ancora strada da fare.
<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<< <<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<<
Ampliare l’insorgenza
Lo sciopero per la giustizia climatica e contro la guerra in tante città ma soprattutto a Firenze, dove la protesta, in primo luogo di giovani e studenti, contro un sistema che divora il pianeta incontra, in una straordinaria due-giorni, la più forte vertenza operaia italiana degli ultimi anni. Il 25 e 26 marzo Fridays for Future e Collettivo di Fabbrica ex Gkn, insieme ad altre centinaia di gruppi e persone variamente associate, aprono qualcosa di molto più significativo di una nuova, primaverile, stagione di lotte. L’insorgenza evocata dagli oltre otto mesi di assemblea permanente delle donne e degli uomini del collettivo rompe molti degli schemi classici sindacali e da ceto politico di una grande resistenza operaia. Guarda il futuro da una prospettiva molto diversa da quelle che hanno cercato per decenni uno stipendio e un contratto sufficienti a garantire un’esistenza dignitosa. Guarda a un modo differente di organizzare e vivere la vita, a cominciare da quel che si produce e consuma per passare però subito un flusso impetuoso che mette in discussione come si respira, si mangia, ci si cura e come si difende la vita stessa
clicca qui: (20+) Facebook
I piatti di pasta, i bicchieri di vino rosso, gli abbracci e i cori. La vigilia della due giorni di mobilitazioni più animata degli ultimi tempi si può riassumere così: con l’umanità di una famiglia politica allargata che ha saputo, in mesi di lotte e fatiche, rimettere al centro dell’agenda politica di un intero Paese temi come i diritti del lavoro, una concreta transizione ecologica e la necessità di riappropriarsi del conflitto sociale. Dal basso, in modo orizzontale, ma soprattutto in forma convergente.
I cancelli della Gkn di Campi Bisenzio, quel luglio del 2021, si aprirono a tutto questo: non fecero entrare solamente centinaia di operai che, occupando e trasformandosi in assemblea permanente, decisero di prendere in mano una situazione che, troppe volte, si è ridotta a riti istituzionali e immutabili.
Ma si spalancarono a tutto un territorio, alle realtà sociali come a quelle ambientaliste, dimostrando che persino tra le mura di uno stabilimento metalmeccanico poteva risuonare l’”I Care” di donmilaniana memoria.
Tutto mi riguarda, perchè oltre a essere lavoratrice e lavoratore sono prima di tutto cittadina e cittadino di questo mondo. Da qui si parte per capire profondamente tutto ciò che ha animato il piccolo villaggio di Asterix a Campi Bisenzio e la sua lotta contro l’Impero romano.
Tutto fatto senza il becco di un sesterzio, ma solo per necessità e volontà: necessità, perchè il sisma sociale che colpì la Gkn di Campi Bisenzio non è stato meteorologico, ma deciso negli anni e imposto dall’alto. Volontà, perché solo attraverso la forza propulsiva delle donne e degli uomini di quel territorio è stato possibile mettere in piedi una reale lotta di massa e la più forte vertenza operaia degli ultimi anni.
Le mobilitazioni del 25 e del 26 marzo sono state l’ulteriore salto in avanti, con la convergenza solida tra Fridays for Future e Collettivo di Fabbrica ex Gkn. Collegare le due giornate ha molti significati, nel simbolico: generazionale, perché è l’ora di bloccare la narrazione infame che mette i diritti dei genitori a un lavoro giusto, contro i diritti dei figli a un pianeta vivibile; strategico, perché si saldano due percorsi che sono tra loro complementari e che hanno cominciato a contaminarsi a vicenda; politico, perché la transizione ecologica tanto decantata dovrà atterrare su scelte politiche di alto livello, che tenga insieme diritti delle persone e cambiamento strutturale dell’economia, perchè non paghino sempre i soliti a vantaggio della classe imprenditoriale e finanziaria.
Questo rende le due date appuntamenti collettivi nella costruzione e nella partecipazione, ma soprattutto fatti crescere dal basso, con la sola forza delle proprie convinzioni, dei propri obiettivi e facendo forza su l’orizzontalità e sulla convergenza. Per capire il significato profondo del 26 marzo bisogna guardare a tutto questo, a cosa ha permesso la sua nascita e soprattutto la sua crescita, con il protagonismo e la volontà di centinaia di organizzazioni e di territori.
Nessuna controagenda tematica, nessuna reazione indotta: un’agenda politica chiara redatta collettivamente e l’imporsi di un nuovo mondo in cammino fatto di proposte alternative e conflitto.
clicca qui sotto:
https://comune-info.net/appuntamento/insorgiamo-manclicca quiifestazione-nazionale-gkn/embed/#?secret=BIBrhPiARW
L’obiettivo è ampliare l’insorgenza, al di fuori dei classici schemi da ceto politico e sindacale, e disarticolare i meccanismi di questa economia della predazione. Ed è dalle vie di Firenze, con mille provenienze e accenti diversi, ma con la volontà di essere compagne e compagni di strada, che tutto ciò potrà iniziare.
Oggi la chiamata a Firenze del Collettivo di Fabbrica Gkn. Motivi, temi e istruzioni per il corteo
Dopo l’Insorgiamo tour – più di sessanta appuntamenti, eventi, iniziative in giro per l’Italia dal 5 febbraio – Firenze ritrova oggi i movimenti sociali, la sinistra sindacale e politica in corteo con il Collettivo di Fabbrica Gkn, da otto mesi in assemblea permanente dopo l’ormai “celebre” licenziamento via mail. E’ un altro passaggio della costruzione della convergenza dei movimenti. Il corteo sfilerà per la città a 24 ore da un’altra importante giornata che ha visto lo sciopero per la pace e la giustizia climatica indetto dai Fridays for future proprio in convergenza – parola chiave di questa fase anche grazie al lavorìo della Società della Cura – con i lavoratori della fabbrica di Campi Bisenzio. Dopo il forum delle Convergenze di Roma, l’ultimo week end di febbraio, che ha inserito la data fiorentina tra le priorità, il collettivo di fabbrica è riuscito a fare altri due passi importanti: la dichiarazione congiunta Fridays for Future e Collettivo di Fabbrica e la circolare di FLC Cgil per la partecipazione alle mobilitazioni del 25 e 26 marzo. Non pervenute le altre direzioni della burocrazia di Corso Italia.
E’ una scadenza «di lotta “per noi”», scrivono i promotori che, lo scorso 11 marzo, hanno presentato alla stampa il Piano pubblico per la mobilità sostenibile, il percorso di reindustrializzazione proposto dal basso grazie alla collaborazione tra Collettivo di fabbrica e un coordinamento di ricercatrici e ricercatori solidali, tra cui diversi docenti e studiosi della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (in allegato la versione ridotta ed espansa del piano).In un post della vigilia, il collettivo spiega che «Gkn è ormai un simbolo di riscatto sociale, un esperimento collettivo. Tutto ciò che è stato ottenuto è stato con la lotta. E con la lotta si otterrà il resto. La reindustrializzazione non sarà uno stratagemma con cui logorarci. Fatevene una ragione. Lì un giorno tornerà a lavorare una comunità operaia, solidale, con i propri diritti. E ogni raggiro verrà sconfitto.Non siamo arruolabili in guerra. Sì, siamo angosciati dalla situazione dei civili e dei profughi. E proprio per questo dobbiamo fermare lo scontro tra blocchi in atto. La vostra è una economia di guerra e dichiariamo guerra alla vostra economia. Nessun invio delle armi. Fermare tutti i conflitti, accogliere tutti i profughi.Non esiste contrapposizione tra questione ambientale e questione sociale. La radicalità dell’una alimenta quella dell’altra. I soldi al servizio dell’ambiente. Non viceversa.Fuori dall’emergenza. Dentro l’urgenza. Ci dichiariamo fuori dal vostro stato di emergenza, secondo il quale imponete ogni volta un clima emergenziale e di guerra, di restrizione delle libertà democratiche e del dibattito sociale. Entriamo invece dentro l’urgenza: di cambiare, di abbattere precarietà, carovita, inquinamento, patriarcato, guerra. Non ci vogliamo più mobilitare solo sull’onda dell’ultima emergenza del licenziamento, della guerra che scoppia, del clima impazzito, dell’appalto che scade, del morto sul lavoro o in alternanza scuola lavoro. Vogliamo seguire una nostra agenda di cambiamento».
E, ancora: «Siamo “geniali dilettanti in selvaggia parata”». E: «totalmente solidali con Corsica, con Berta, con ogni spazio occupato. Perché il problema è la speculazione immobiliare che mangia i nostri affitti e rincara i nostri mutui. Lo stesso meccanismo finanziario che chiude le fabbriche e mangia pensioni e sanità. Sappiamo riconoscere chi fa parte della nostra famiglia allargata».Un decalogo che è l’ultimo capitolo, fino a stamattina, di un diario collettivo che si conclude così: «Non esiste un settore “economicamente strategico”. E’ strategica la vita in sé. La cura, la bonifica, la difesa territoriale, la salute, anche mentale, il cinema, il teatro, la musica, l’informazione, la pulizia: è strategica ogni attività umana che arricchisca la nostra vita. E siamo quindi a difesa della dignità professionale di tutti coloro che lavorano nei settori industriali, creativi, di cura ecc. ecc.La piazza radicale, popolare, colorata, reticolare. Non avrà padroni e proprietari. Non avrà “ordine” se non quello imposto dalla nostra fiducia e credibilità reciproca. E chi si pone fuori da questi concetti, non sarà evidentemente in sintonia con la piazza stessa. Sarà benvenuta la gioia e il colore, rifiutata la provocazione.Torniamo a stupire. Facciamo la storia, per non doverla più subire».
«Perché la vertenza Gkn è tutt’altro che conclusa – prosegue il comunicato di indizione – la reindustrializzazione è tutta solo sulla carta. E sarà in ogni caso un processo lungo, dagli esiti incerti e verificabili solo nel tempo.
Abbiamo ottenuto finora solo una vittoria parziale, che va resa irreversibile e generalizzata. E tutt’oggi rischiamo di essere dentro un nuovo calcolo. Non ci hanno sconfitto i licenziamenti in tronco, ora rischiamo il logoramento da ammortizzatore sociale, incertezza e attesa. Un cassaintegrato dentro una fabbrica ferma è potenzialmente solo un licenziato alla moviola.
Per portare a termine la nostra lotta dobbiamo continuare a cambiare i rapporti di forza nel paese. E se cambiano, cambiano a favore di tutti e tutte. Per questo sarà anche una scadenza di lotta “con noi”, “per i vostri problemi”, perché Gkn deve aprire un precedente virtuoso. Non c’è fabbrica salva in un paese che non lo è. Nessuno si salva da solo.
Vogliamo sconfiggere tutte le delocalizzazioni, rimettere al centro la questione salariale, il carovita e bollette, la riduzione d’orario a parità di salario, l’abolizione del precariato, rivendicare un polo pubblico per la mobilità sostenibile. E rimettere al centro la condizione di lavoratori e lavoratrici incontrate in questi mesi, che siano del settore pubblico o privato, di quello industriale o scolastico, di trasporti, sanità, spettacolo, informazione, fissi, precari, in appalto, autonomi, migranti.
Ed è una giornata in cui convergono lotta contro la guerra, ambientale, sociale, transfemminista, per i diritti civili, di chi ha disabilità, delle reti di economia solidale e mutualistica e quelle di solidarietà internazionale. Perché abbiamo imparato che tutto si tiene, tutto si influenza. Solo in questa convergenza, solo appiccicati, tiene botta e si forma quella classe dirigente dal basso che può rilanciare il paese. Questa convergenza è chiamata a farsi maggioranza sociale e classe dirigente.
Il 26 marzo vuole essere una data radicale, in grado di andare alla radice dei processi, e fuori dall’emergenza.
A settembre ci siamo mobilitati con forza ma per un’urgenza imposta dai licenziamenti dichiarati da un fondo finanziario. Eppure quei licenziamenti non erano nati in un giorno solo; erano il risultato di processi decennali di arretramento dei diritti, di crisi sistemica e di finanziarizzazione dell’economia. E quei processi non sono di certo spariti, semmai peggiorati. Non bisogna sentire solo il rumore dell’albero che cade ma cogliere il suono del sottobosco che cresce.
Noi vi chiamiamo di nuovo in piazza, al di là dell’emergenza di mobilitarsi solo quando scade il contratto, l’appalto, si annunciano licenziamenti, delocalizzazioni, zone rosse e guerre. Fuori dallo stato emergenziale, per andare alla radice dei processi che lo causano. Per smettere di avere una agenda imposta da altri e costruirne una imposta dalla nostra volontà. Per questo, per altro, per tutto, #insorgiamo».
«Non è terminata e non terminerà a breve», ha spiegato più volte Dario Salvetti, delegato Rsu, a proposito di una lotta «che ha saputo non solo difendere i diritti di lavoratrici e lavoratori, ma anche creare un convergenza mai vista con altre forze sociali ed ecologiste di questo Paese. La reindustrializzazione di Gkn è un processo incerto e lungo, dove ci pare ormai evidente il tentativo di logorarci. E quindi non smobilitiamo e non ci vogliamo più mobilitare sulla base dell’emergenza. Ci hanno ripetuto fino allo sfinimento durante tutta la pandemia che sarebbe andato tutto bene. No, non andrà tutto bene se questi rapporti di forza rimarranno intoccati, se la ricerca di profitti avrà sempre la precedenza sui diritti e sul futuro di questo pianeta. Noi insorgiamo per il futuro. E il futuro non è solo uno stipendio e un contratto, è l’aria che respiri, è la pace, è cosa produci e in che società vivi. Il 25 e 26 formalizziamo che non esiste alcuna contrapposizione tra questione sociale e ambientale. L’una si alimenta della radicalità dell’altra. Sono una unica data.
E il 25 marzo, a fianco del movimento dei Fridays For Future per lo sciopero globale per il clima, e il 26 marzo a Firenze per la mobilitazione nazionale “Insorgiamo” dimostreremo che questa opposizione sociale esiste e sta proponendo un paradigma di società totalmente diverso da quello attuale. E’ un mondo nuovo in cammino e verificheremo se il 26 è un primo passo».
Per Martina Comparelli, portavoce Fridays For Future Italia: «Siamo convinti che sia importantissimo riuscire a congiungere le due mobilitazioni, lo sciopero globale sul clima del 25 marzo 2022 in tutte le città d’Italia e nel mondo e la manifestazione nazionale “Insorgiamo” il 26 marzo a Firenze. E’ necessario riprendere quella visione globale che ci è stata tolta, fondamentale per far sì che si comprenda che non siamo più divisi l’uno dall’altro e che non si crei più quella dinamica del “la mia lotta è più importante della tua”. Non possiamo più dividerci di fronte al ricatto tra ambiente e lavoro».
In occasione del 25 e del 26 marzo, diversi endorsement sono stati lanciati per favorire la partecipazione. Tra i testimonial si ricordano Ginevra De Marco; Jorit; ZeroCalcare, Vauro e Staino con le loro vignette; Modena City Ramblers; Punkreas. Ma anche gli appelli di altre vertenze, come Caterpillar, Tim o Alitalia, e di organizzazioni e movimenti sociali, come ARCI nazionale, Un Ponte Per e l’appello congiunto tra Fridays For Future e Collettivo di Fabbrica ex Gkn
Per la logistica del corteo e per il posizionamento degli spezzoni la proposta emersa è che il corteo venga aperto dalla Gkn e dallo striscione Insorgiamo, a seguire lo spezzone delle realtà ecologiste con i Fridays for Future e subito dopo lo spezzone delle realtà della Società della Cura e di quelle pacifiste, che sarà aperto con lo storico striscione “Firenze Città Aperta ripudia la guerra”, in cui confluiranno sia le realtà fiorentine che nazionali
L’appuntamento quindi è alle 13 in piazza Vittorio Veneto al parapetto all’inizio di viale Abramo Lincoln.
E, a proposito di diario collettivo, questo pezzo è un collage di parole del collettivo, null’altro: in piazza, inoltre, si potrà sostenere in modo diretto la cassa di resistenza della mobilitazione acquistando il libro “Insorgiamo. Diario collettivo di una lotta operaia (e non solo)” del Collettivo Di Fabbrica – Lavoratori Gkn Firenze.
#insorgiamo #peoplenotprofit #26M #26marzo
Popoff ha sbobinato, un brano cruciale di questo diario: le parole di Salvetti al termine della prima manifestazione nazionale, il 24 luglio, a pochi giorni dal licenziamento.
Ringraziarvi è poco… per cui non lo faccio.
Ci ringraziamo guardandoci negli occhi e ci capiamo già tutti e ci ringraziamo con la pelle d’oca, quindi non ho bisogno di spendere parole mentre vorrei invece parlare di covid per iniziare quest’intervento: perché vorrei fosse chiaro a chi, come noi, ha lottato durante il primo lockdown – per essere messo a casa in sicurezza e ha lottato per provare a imporre protocolli anti-contagio nelle aziende e il rispetto del testo unico per la sicurezza – che ci pesa tantissimo, tantissimo, aver dovuto convocare una manifestazione a tappe, così si chiama perché i cortei sono vietati, sapendo che alcuni di noi potrebbero uscire da questa situazione ammalati o sapendo che potremmo contribuire così alla risalita dei contagi, ci pesa tantissimo ma noi non ci prendiamo questa responsabilità perché noi in questo momento siamo in questa situazione perché qualcuno ha deciso che una misura pandemica come il blocco dei licenziamenti* doveva finire…
… E lo abbiamo sempre detto dall’inizio di questa pandemia. Noi dicevamo: se posso lavorare in sicurezza devo poter fare assemblee sindacali in sicurezza e poter scioperare in sicurezza! Perché non accettiamo la sospensione – unilaterale – dei diritti sindacali e democratici in nome della pandemia.
E quindi, vi diciamo che se Melrose e le aziende di questo paese possono licenziare, le lavoratrici e i lavoratori di questo paese possono mettersi in assemblea permanente e possono fare cortei perché altrimenti è un utilizzo unilaterale della pandemia.
Vi abbiamo chiamato qua perché avevamo bisogno di non guardarvi soltanto attraverso la tastiera, i like e i commenti. Avevamo bisogno, come stiamo noi, di provare a guardarvi in carne e ossa e sappiamo che non siete i soli. Che poi ci sono tanti che oggi, in un sabato di luglio, in maniera autorganizzata, non sono riusciti a venire qua e quindi sappiamo che siete e siamo la punta di lancia di una solidarietà più ampia, quanto ampia è difficile da quantificare
Vi abbiamo chiamato qua per testimoniare un fatto e per farvi delle domande.
Le domande le facciamo noi, oggi.
Il fatto che siete chiamati a testimoniare è molto semplice: questa, quella che avete qua dietro, è un’azienda, in questo momento, di fatto, in mano ai lavoratori. La proprietà, un fondo d’investimento finanziario, ha lavorato un anno per chiuderla, ha lavorato fin nei minimi dettagli – vi potremmo fare una lunga spiegazione dei dettagli di come hanno lavorato – aggirando accordi, sentenze di tribunale, mentendo, addirittura mentendo – nell’ultima fase – ai propri stessi dirigenti perché altrimenti … il modo migliore per dissimulare è assicurarsi che uno sia complice senza saperlo, no?, che sia convinto che dice la verità per cui… c’erano gli straordinari per far partire nuovi progetti, nuovi business, le celle nuove… ve ne potremmo raccontare tante.
La proprietà non è interessata a quest’azienda. Noi, invece, l’abbiamo costruita, la conosciamo come le nostre tasche e, in questo momento, l’azienda è in mano a noi e potremmo far ripartire la produzione in qualsiasi momento. E questo non è uno slogan: è un fatto in carne e ossa che interroga tutti noi.
Quando venite qua ci chiedete sempre come stiamo, tutti, dal giornalista fino a… ma come volete che stiamo? Stiamo qua in piedi, come qualcuno che ha preso una tranvata in faccia e quindi ha ancora un po’ di lividi. Però dopo averla presa si guarda intorno e pensa che siamo ancora in piedi. E tutti i giorni si tocca per sapere se siamo ancora in piedi. E tutti i giorni scruta lo sguardo del collega per sapere se sta cedendo, se c’è o se non c’è, se sta perdendo la testa, se gli tremano le gambe, se ce la possiamo fare, se qualcuno di noi in fondo cederà, e quando cederà. Tutti i giorni.
Noi qua possiamo andare avanti mesi o cedere domattina e tutti i giorni ci svegliamo con questa idea. Stiamo in adrenalina in continuazione, l’adrenalina, a volte, cala e ti crolla la testa… stiamo così. Però in tutto questo almeno noi proviamo a trovare la lucidità di rimandarvi la domanda.
Noi stiamo così e voi come state? Voi tutti, come state? Perché a volte c’è una cosa paradossale: noi fino al 22 settembre, ad oggi, sappiamo che abbiamo uno stipendio e poi ci sarà il Tfr, ci saranno forse degli accordi ecc.. a volte quelli che ci vengono a domandare come stiamo, pure in questa situazione stanno messi peggio di noi perché magari a noi non lo dicono ma hanno il contratto precario che gli scade questa settimana, magari il giornalista che mi viene a intervistare non lo dice ma fa il pezzo a 5 euro a cottimo. Noi non abbiamo mai lavorato a cottimo e mai lavoreremo. Quindi glielo chiediamo noi: ma voi, come state? Cioè quanto siete disposti ad andare avanti e accettare questo. Questo, nel nostro caso è stato un licenziamento in tronco, nel vostro caso forse farà meno rumore, forse si chiamerà “scadenza del contratto”, forse si chiamerà contratto a progetto per i settori che ancora ce l’hanno o, forse, nel caso della ex Fedex si chiamerà “licenziamento e mazzate”. Quindi ve lo chiediamo noi: come state?
Non ci sembra che stiamo molto bene e, nello stesso tempo, stiamo benissimo perché noi abbiamo la dignità di continuare a sorridere e di tenere la testa alta. Dunque, finché c’è questa dignità – almeno personalmente – io sto benissimo.
E poi ci chiedete sempre: “che cosa farete e dove volete andare?”. Lo discutiamo tutti i giorni nell’assemblea permanente ma anche qua io ribalto la domanda: dove voi volete andare? dove voi volete andare?
Perché a noi è stato chiarissimo subito, dall’inizio, una cosa: che questa era una vertenza nazionale e politica. E non perché avevamo voglia di metterci in politica ma perché quando un fondo finanziario scappa e non hai controparte e i lavoratori tengono l’azienda evidentemente il dito è puntato contro il Fondo, che scappa, contro Stellantis, che ha dato le commesse – che oggi sta montando i nostri pezzi che vengono da altre parti – e poi contro le istituzioni. Perché, evidentemente, si dovrà dire che se loro hanno fatto tutto questo c’è stato qualcuno che gliel’ha permesso e che viene chiamato a decidere se vuole continuare a permetterglielo. Questo, in parole povere, vuole dire che un’azienda guarda negli occhi il governo. Ma un’azienda non può spostare i rapporti di forza di un paese. Per questo vi chiediamo noi: dove volete andare? E quanta benzina avete? Quanta benzina avete voi, noi ce l’abbiamo abbastanza chiaro. Perché se qua un domani parte uno sciopero generale, convocato da chiunque, o noi stessi dicessimo che questo che abbiam fatto questo sabato lo ripetiamo ad oltranza, tutti i sabati, i sabati della rabbia operaia, ce l’abbiamo noi la benzina per fare questo, inteso come noi questa piazza?
Quando il governo continuerà a scappare – e ora dico qualcosa sul governo – e noi li riconvocheremo, ci sarà la benzina come oggi, per essere il doppio, il triplo, questa è la domanda che vi facciamo. E per fare quello che noi stiamo facendo qua, nel vostro luogo di lavoro? Questo è il senso della parola d’ordine “Insorgiamo”, questo è il senso della parola d’ordine “Insorgiamo”.
E poi vi abbiamo chiamato qua per testimoniare un’operazione vile, e ve lo diciamo subito che è un’operazione vile. E l’operazione è questa, l’hanno fatta tante volte, ed è già in marcia anche con noi, non è che siamo degli sprovveduti…
E il fatto che capiamo che anche sia è un operazione vile non è che magari avremo la forza di fermarla, l’operazione vile è questa, ed è tutto calcolato: chiude la fabbrica, Melrose cattivi, signora mia dove si andrà a finire, Gkn non chiude, lo dicono tutti, lo dice il giornale, lo dice il ministro… no, il ministro in realtà non lo dice, lo dice la Regione ecc… però, nel frattempo, questo non si tramuta in niente di concreto. E quindi quelle cinquecento persone vengono lasciate lì, intanto i giorni passano… e sapete come finisce quando i giorni passano? Che un giorno queste persone, prese dalla disperazione, dallo scoramento, dalla stanchezza, se la voteranno da sole la chiusura dell’azienda!
Questa è la cosa più vile che ci può essere, perché magari un giorno cediamo, alziamo la mano, diciamo, sì, non si può fare altro che accettare quei quattro soldi e andare in pace e riprendere le nostre vite. Col risultato che alla fine tutto il mondo dirà che Gkn non doveva chiudere ma se la sono chiusa da soli, i lavoratori, il delitto perfetto! E dovremo anche andare a casa col sorriso, e ringraziare per l’ammortizzatore sociale, e ringraziare per quel poco di indennizzo e per la buonuscita. E’ un’operazione vile, e se non avremo la forza di fermarla, abbiamo il compito di dirlo: è un’operazione vile, volete che questa fabbrica sia chiusa dalla nostra stanchezza così potrete dire che siete tutti puliti, e che ce la siamo chiusa da soli.
Allora, a livello comunale, abbiamo avuto parole e fatti dal Comune. A livello regionale, abbiamo avuto le parole di una mozione abbastanza netta che parla di continuità produttiva e ci mancano i fatti, per cui chiameremo la Regione a tramutare quelle parole in fatti e dirci che cosa sono quei fatti. A livello di governo, al momento non abbiamo né le parole, né i fatti. Né le parole, né i fatti. Quello che ha detto D’Incà (che, tra l’altro, io non conoscevo, non è che li conosco tutti, questi)… quello che ha detto D’Incà, l’altro giorno nel question time, io non so se è un incidente di percorso, ma quello che ha detto, vorrei che fosse chiaro, è la stessa cosa che dice Melrose. Perché Melrose non è che quando ti manda la mail ti dice ti licenzio e ti impicco, ti squarto, ti licenzio ma troveremo il modo di mandarti a casa col sorriso, dice di voler diminuire l’impatto sociale delle nostre scelte inevitabili. Questa è anche la posizione del governo, soltanto che Melrose lo fa con una mail e il governo sta pensando di riscrivere quella mail e trasformarla, magari, in due mesi di trattative estenuanti.
Non è il problema di come siamo andati a casa, non è il problema di come siamo andati a casa…
E devo anche dirvela tutta: della merdaccia che ci ha fatto Melrose, della roba tremenda che ci ha fatto Melrose, di tutto quello che ha fatto negli ultimi tre anni, prendendoci per il culo, la mail è l’unica cosa sincera che ha fatto, ok? E noi non abbiamo il problema di tornare a dissimulare, a essere presi per il culo, perché almeno quella mail è stato un atto di sincerità, di verità. E che ci sia quella mail, se ci dev’essere! Hanno disvelato la loro natura, mentre eravamo, tre giorni prima, al tavolo di trattativa e ci dicevano che andava tutto bene e che non c’era crisi e che – addirittura, forse, a settembre – si assumevano due ragazzi.
Quindi non ho il problema di tornare a farmi pigliare per il culo, io ho il problema, quella mail di rimandarla al mittente! E di farlo per me e per il bene di tutte le aziende che sono nella medesima situazione.
Allora, guardiamoci negli occhi – poi lo riprenderemo a fare, magari mi riparo la mascherina e lo facciamo a distanza, più in sicurezza di quanto abbiamo fatto in questo corteo – guardiamoci negli occhi: è stato un grande corteo ma ci conosciamo in tanti, io conosco queste bandiere, questi gruppi politici che sono venuti a portarci solidarietà – alcuni di noi ci militano o ci hanno militato – le nostre idee politiche e sindacali (io, per esempio, sono membro dell’Opposizione in Cgil) sono note. E noi non sentiamo il bisogno di utilizzare questa lotta per operazioni di piccolo cabotaggio, per andare a segnare un punto del dibattito. Questo è minoritarismo. E questa lotta il minoritarismo non se lo può permettere!
Noi vinciamo se tutti noi, con i nostri limiti, i nostri pesi differenti, oggi, non domani, anzi ieri, cessiamo di essere minoritari, perché il problema di questa lotta non è venire a dire, per esempio con un volantino, che ci vuole la nazionalizzazione e che lo sblocco dei licenziamenti è stato una sciagura e andare a reclamare le dimissioni di questo o quello… noi stiamo un passo avanti rispetto a tutto questo. Questo, ci guardiamo indietro, appartiene al nostro passato. Ora abbiamo un presente e un futuro da giocare. E questo presente e futuro si gioca oggi, si gioca dandoci una mano a sviluppare questa lotta trasformandola in una leva per cambiare i rapporti di forza nel Paese. Ed è una cosa difficilissima, quasi impossibile. Lo sappiamo. Non ci poniamo in questo momento in termini di vittoria o sconfitta perché impazziremmo. Ci siamo posti il problema di convocare questo corteo. Ora è finito, e alle due e cinque, alle tre, alle tre e cinque, ci porremo il problema della prossima mossa, da fare tutti insieme. Questo è: se tutti quelli che sono qua presenti provano con noi a sfondare questo processo, a dire che bisogna allargare, che non ci sono limiti a dove possiamo arrivare, forse noi vinceremo. Forse… forse, perché – l’abbiam detto in uno slogan – si perde sempre, tranne quella volta che si vince e qualcuno ogni tanto vince, per fortuna, però, proprio perché le vittorie, nella nostra storia, sono così rare, devono valere una gran fatica e di solito cambiano la storia. Questa è la verità, magari è una storia piccola ma la cambiano.
In questo processo ci siamo tutti, se ci volete essere con un minoritarismo di sorta, accomodatevi tanto qua davanti c’è passato Nardella, c’è passato Giani, non è che abbiamo problemi a far passare qualcun altro, noi qua accogliamo tutte e tutti (sono andato a parlare con un parroco che ha detto – non a me, penso a Matteo – che le fabbriche dovrebbero essere dei lavoratori, non dei padroni, ne stiamo vedendo di tutte noi…).
Se, invece, ci vogliamo accomodare in questa lotta non accodandoci a essere una parte della passerella di questa lotta, magari con parole d’ordine più corrette, magari minoritarie, ma che non spostano di un millimetro, non ci faremmo un gran favore… Cosa volete che vi dica? Che in una società diversa, questa azienda lo Stato la dovrebbe prendere in mano? Se volete lo dico, questa è la mia opinione… volete che ve lo dica? Lo posso anche dire… ma ci sono i rapporti di forza, oggi, per imporre questo fatto, si o no? Perché io sono stato abituato ad una cosa, come delegato sindacale: se vado in assemblea con la piattaforma di lotta, so che dietro ho i rapporti di forza per imporla perché a scrivere un ordine del giorno e portarlo in assemblea e dire che ci vorrebbe la riduzione d’orario ecc… i lavoratori sono i primi che mi guardano e dicono ma scusa, con che rapporti di forza lo porti avanti?
Quindi ora, pancia a terra e sviluppare rapporti di forza e se questi rapporti di forza non si sviluppano, ovviamente noi dovremo rinculare su una gestione del presidio più stabile, provare a resistere tipo “villaggio di Obelix” assediato.
Noi siamo il villaggio di Obelix – tra l’altro ZeroCalcare ci ha fatto una vignetta bellissima – noi siamo il villaggio di Obelix. E sapete come inizia, non so se lo ricordate: “Tutta la Gallia è conquistata tranne un piccolo villaggio…”.
Dunque, il piccolo villaggio c’è già, ha la sua pozione magica, i suoi druidi… quello che vogliamo dire è che sarebbe il caso di riconquistarla, questa Gallia, e di andare a Roma, di andare a Roma a portare questa mobilitazione, di farla nazionale. Se poi questo lo vorranno fare anche le grandi organizzazioni di massa, del sindacalismo, ben venga!, ben venga!, perché è questo che sarà.
“Non è finita”: i lavoratori ex GKN in piazza mentre i tempi di riapertura si allungano
Il collettivo di fabbrica oggi manifesta per riportare l’attenzione sulla condizione dello stabilimento chiuso e occupato dal luglio 2021. Ieri ha sfilato a fianco di Fridays for future per lo “sciopero del clima”. Il piano di “reindustrializzazione” dell’impianto è stato presentato giovedì e prevede 100 assunzioni entro il 2024. Ma l’esito non è scontato
- di Riccardo Antoniucci
- 26 Marzo 2022
9 luglio 2021. Intorno alle 10 del mattino i 422 dipendenti dello stabilimento ex Fiat di Campi Bisenzio, parte del gruppo Gkn, ricevono una mail. Il fondo Melrose, proprietario dal 2018 della multinazionale britannica che produce componenti per il settore automobilistico e aerospaziale, comunica che è stata aperta nei loro confronti una procedura di licenziamento collettivo. L’intenzione di Gkn, stabilita in un consiglio d’amministrazione convocato l’8 luglio, era di delocalizzare la produzione in Polonia e chiudendo il sito fiorentino.
Gli operai decidono rapidamente di convocare un presidio davanti alla fabbrica, che si trasforma poi in occupazione. Comincia una vertenza inedita.
Il 20 settembre 2021, dopo che la Fiom Cgil aveva impugnato la procedura, il Tribunale del lavoro di Firenze stabilisce che il licenziamento è illegittimo perché viola gli accordi sindacali (rinnovati proprio a giugno 2021). La sentenza stabilisce che la crisi aziendale si era palesata già da mesi, ma l’azienda aveva deliberatamente nascosto le sue intenzioni ai rappresentanti dei lavoratori, negandosi al confronto. L’8 giugno Gkn aveva spiegato che nel 2022 ci sarebbero stati possibili esuberi, ma aveva detto che si sarebbero limitati a 29 persone. Le rappresentanze dei lavoratori avevano proposto soluzioni per evitarli il 29 giugno, senza ottenere risposte.
I lavoratori sono in cassa integrazione e la proprietà si dichiara disponibile a sedersi a un tavolo per valutare proposte di rilancio dello stabilimento. Il collettivo di fabbrica aveva nel frattempo avviato un percorso di elaborazione collettiva di un progetto di recupero della fabbrica, con l’aiuto di economisti ed esperti.
“Potrebbero offrirci una liquidazione e garantirci un’altra occupazione, ma quella che abbiamo iniziato a GKN non è una lotta personalistica per noi 422 lavoratori, ma per salvaguardia di quei posti di lavoro sul territorio”, diceva il portavoce Dario Salvetti e portavoce del Collettivo di Fabbrica nel reportage di FQ Extra Operai e università insieme per non far morire Gknhttps://content.jwplatform.com/players/qab80j9f-ySzFdMYp.html?isAMP=true
L’iniziativa e la caparbietà del collettivo trascina anche la politica nella ricerca della soluzione. Dopo il sostegno ricevuto dai partiti del centrosinistra il Ministero del lavoro di Andrea Orlando trova una soluzione intermedia.
Tra dicembre e gennaio 2022 lo stabilimento di Campi Bisenzio passa di mano: Melrose ha ceduto il 100% della fabbrica per una cifra simbolica alla QF spa di Francesco Borgomeo, con alle spalle un curriculum di ristrutturatore d’aziende e che era stato incaricato dalla stessa Gkn di trovare investitori. Il 19 gennaio viene firmato un accordo quadro per la “reindustrializzazione”.
Il 20 marzo è scaduta cassa integrazione. Sindacati e lavoratori chiedono il rinnovo dell’incentivo fino a transizione compiuta. Entro la fine del mese scade anche la deadline per il piano di reindustrializzazione promesso da Borgomeo, e l’imprenditore potrebbe svelare i nomi degli investitori interessati. In pista ci sarebbero un’azienda dell’industria meccanica applicata al settore farmaceutico e del settore delle rinnovabili.
Il 24 marzo il nuovo proprietario ha presentato ai sindacati il piano di reindustrializzazione, durante un incontro al Ministero per lo sviluppo economico. Il rilancio dello stabilimento di Campi Bisenzio prevede investimenti per 82 milioni di euro e punta allo sviluppo di motori e macchinari iperdigitali. La produzione andrà a regime entro due anni (fino ad allora resterebbe la cassa integrazione). I 340 lavoratori rimasti nell’azienda torneranno così al lavoro nel corso del 2023. Entro la primavera del 2024 dovrebbero essere fatte 100 nuove assunzioni. Ma le parti sociali chiedono di conoscere l’identità degli altri investitori, che non è stata svelata.
È un passo importante in direzione della salvezza, per le autorità, ma il collettivo di fabbrica in varie occasioni aveva mostrato cautela. “Il processo sarà lungo, dall’esito incerto. Ci hanno tolto il 9 luglio una fabbrica funzionante, immaginate quanto è facile togliere una fabbrica che non esiste”.
Sabato 26 marzo i lavoratori della ex Gkn, che ormai ha intrecciato solidarietà e adesioni con altre vertenze e movimenti di base, hanno indetto una manifestazione nazionale a Firenze per riportare l’attenzione sulla sentenza. L’appuntamento è alle 14 a Santa Maria Novella a Firenze. Diversi i testimonial della doppia giornata di mobilitazione: da ZeroCalcare, Vauro e Staino con le loro vignette, a Jorit e Modena City Ramblers ma anche l’Arci e altre vertenze come Caterpillar, Tim o Alitalia. Ci saranno anche i giovani del movimento ecologista Fridays For Future. “Non c’è contrapposizione tra questione ambientale e questione sociale,” è lo slogan degli organizzatori. Il futuro di Gkn sarà l’occasione per provarlo.
Manifestazione di studenti e operai Gkn nel centro storico
Questa mattina corteo nelle strade del centro storico di studenti e operai della Gkn, i lavoratori licenziati via mail che di recente hanno visto un spiraglio con tre manifestazioni d’interesse. Gli studenti hanno scandito slogan per chiedere maggiori diritti. Questa è prima manifestazione congiunta – dopo tanti anni – tra studenti e operai. I manifestanti sono partiti da Piazza San Marco per poi sfilare per il centro fino ad arrivare in Piazza San Lorenzo.
I motivi per cui hanno aderito anche gli operai dello stabilimento di Campi Bisenzio sono stati riportati sui social network: “Non è uno sciopero studentesco per “chiedere solo la ricreazione”, come abbiamo sentito dire (comunque la ricreazione è un diritto sacrosanto). E’ uno sciopero studentesco con una piattaforma completa e complessa, per il diritto allo studio. E’ una generazione che dopo la pandemia rialza la testa e insorge. Lo fa per sè, lo fa per Gkn, lo fa per il futuro di tutti. E Gkn continua la propria mobilitazione. Per chiedere la continuità produttiva e occupazionale, per chiedere una legge antidelocalizzazioni contro ogni raggiro, contro ogni ricatto. E lo fa convergendo in quella stessa piazza. Lo fa per sè, per gli studenti lavoratori di domani, lo fa per il futuro di tutti. E insieme siamo sciopero generalizzato che invita a convergere anche tutte le altre realtà lavorative in vertenza, tutte le altre realtà cittadine solidali e in lotta per l’ambiente, per le questioni di genere. Fatelo per voi, fatelo per il futuro di tutti. Noi siamo comunità. Questa è la nostra fabbrica, queste sono le nostre scuole e università, questo è il nostro ambiente, queste sono le nostre relazioni sociali. E questa comunità non si ricorda più dove è il confine. Sa solo dove è l’orizzonte”.
Teatro Puccini pieno per la Gkn, i lavoratori chiedono la nazionalizzazione: “Fantascienza? Tante cose lo sembravano”
Centinaia di persone e decine di sigle, ancora una dimostrazione di forza del collettivo operaio. Salvetti: “Unire tutte le lotte”
Ennesima dimostrazione di forza e compattezza per i lavoratori del Collettivo di Fabbrica della Gkn. Il teatro Puccini, ieri sera, in occasione dell’assemblea aperta alla cittadinanza, era pieno. Giovanissimi, adulti, anziani. Centinaia di persone accorse a portare sostegno agli operai e ad ascoltare le ragioni della loro protesta.
“Grazie a tutti”, scandisce dal palco Dario Salvetti, il leader di quella che è diventata una vera e propria comunità di lavoratori e lavoratrici, che dal 9 luglio scorso, giorno della fatidica mail che annunciava chiusura dello stabilimento di Campi Bisenzio e licenziamento collettivo, presidiano la fabbrica.
Dietro, l’immancabile striscione ‘Insorgiamo’. Si entra con il Green pass e, pur se qualcuno resta fuori, chi aveva fatto il tampone per partecipare viene rimborsato con la cassa di resistenza.
“Evitiamo che la situazione si ‘normalizzi’, che l’opinione pubblica si appaghi, che questa vertenza finisca nel dimenticatoio come tante altre in passato, a cominciare dalla Bekaert (l’ex Pirelli di Figline, chiusa nel giugno 2018 dalla multinazionale belga proprietaria con il licenziamento di 318 lavoratori, ndr). Furono spesi fiumi di parole e inchiostro: solo fumo. Per questo per noi lo sciopero generale deve essere anche uno sciopero del silenzio, in un Paese soffocato dal rumore di fondo e dove le questioni importanti non trovano spazio”, prosegue Salvetti.
E’ proprio la ‘normalizzazione’, l’assopimento, quello che il leader della protesta vuole evitare. “Se scattano gli ammortizzatori sociali ora viene fatto un favore all’azienda, che risparmia. Nello stesso tempo si distruggono i posti di lavoro e si fa cessare la battaglia. Noi abbiamo le capacità per condurre l’azienda come e anche meglio successo fino allo stop della produzione”, scandisce.
Gkn, il tribunale del lavoro blocca i licenziamenti
Non sono mancati, prosegue ancora dal palco quello che, suo malgrado, è diventato un punto di riferimento per tantissimi, dentro e fuori la fabbrica, momenti di stanchezza e sconforto. Qualche operaio ha mollato il presidio, ma l’occupazione permanente prosegue, perché “se diventi pecora di fronte al lupo lo sarai sempre. E noi non lo siamo”.
Un punto sta particolarmente a cuore: “Ci hanno accusato di violenza, per qualche insulto volato contro i dirigenti di fabbrica l’unica volta che si sono fatti vedere. E quella sarebbe violenza? No, da noi operai della Gkn non è mai arrivata violenza e non arriverà mai. La violenza è quella di un sistema che chiude la fabbrica da un momento all’altro, che da oltre 110 giorni ci lascia appesi ad un futuro senza alcuna certezza, senza lavorare. La violenza, quotidiana, è quella intrisa in questa società e in questo sistema di produzione”.
Il pubblico si scalda, applaude convinto. Tanti, nelle prime fila, hanno i capelli bianchi. Una signora anziana, che cammina a fatica, si alza e va ad abbracciare Carlotta, del ‘Coordinamento donne’, dopo che la ragazza ha raccontato, quasi in lacrime, la sua esperienza di lavoro. “Sono precaria e senza alcuna prospettiva. Se va bene – le sue parole -, mi rinnovano il contratto a tre mesi. Ma alle mie compagne va peggio, tante sono immigrate e sono costrette a subire ogni sorta di molestia, anche sessuale, per mantenere la famiglia qui e mandare qualche soldo al loro Paese”.
La platea si stringe anche ad una giovane attivista di Potere al Popolo, 23enne, che con coraggio affronta una delle questioni più urgenti della nostra società. “La violenza contro le donne e il maschilismo ci opprimono. Stiamo attenti perché succede anche qui, in ambienti di sinistra”.
A susseguirsi sono tantissimi interventi. Esponenti dei portuali di Genova, di Piaggio, Alitalia, Fridays for Future, ‘Ogni giorno è il 1° Maggio’, Anpi, Fiom Cgil, iil rappresentante degli studenti del Calamandrei, dei Cobas dell’Ataf, “anche se l’Ataf dal 1° novembre non esisterà più. Hanno privatizzato il trasporto pubblico a partire da Renzi e gli effetti nefasti si sono visti sul servizio”, attacca Alessandro Nannini. L’assemblea, iniziata poco dopo le 21, termina a mezzanotte. E tanti interventi previsti devono saltare.
In 20mila a Fienze per la Gkn
Tra i momenti più toccanti l’intervento di Manuela Rombi, madre di Emanuela, giovane morta dopo oltre quaranta giorni di agonia per la strage di Viareggio. “Si poteva evitare, ma hanno tagliato sulla sicurezza e continuano a farlo”, dice la donna, salita sul palco con la gigantografia della figlia al collo. Parole che lasciano il groppo in gola.
Interviene anche Danilo Conte, uno dei giuslavoristi che hanno steso la proposta di legge, ora depositata alla Camera (primi firmatari il senatore Matteo Mantero di Potere al Popolo e la deputata Yana Ehm del gruppo misto) contro le delocalizzazioni. “Se fosse approvata – sottolinea – tanti ‘casi Gkn’ potrebbero essere evitati”.
Salvetti insiste sulla nazionalizzazione: “Fantascienza? Tante cose lo sembravano eppure in questi mesi le abbiamo realizzate”. Alla manifestazione nazionale dei Fridays for Future di domani a Roma ci sarà anche la Gkn, dallo stabilimento di Campi partiranno dodici pullman autorganizzati, “perché dobbiamo unire tutte le lotte, dalla giustizia sociale a quella climatica”. Poi inizierà ‘Insorgiamo tour’ tra scuole, circoli, università. La mobilitazione continua.
Svolta Gkn: la battaglia dei lavoratori di Campi Bisenzio
Quella che in passato è stata la GKN, sembra aver ottenuto un primo obbiettivo, un risultato certamente importante tra quegli attesi. I tanti sforzi di coloro che hanno presidiato fino a questo momento sembrano ricompensati. A Natale, ha la veste del “regalo”, di un destino magnanimo. Leggiamo i fatti; viene da chiedersi quanto avrebbe potuto essere lo Stato a muovere una operazione diretta ad una multinazionale che ha avuto comportamento ed atteggiamento spreciso rispetto alla Nazione che l’ha ospitata ed ai suoi cittadini.
In tutto questo quanto ha vinto lo Stato ed il senso sociale che in esso consiste e quanto gli operai che si sono prodigati, forse tra i pochi a credere in quel che chiedevano? Chiedevano rispetto, senza che ritenessero di essere stati ricambiati in passato. Questo è l’interrogativo che non può non sorgere e che non viene taciuto. Si è figli di uno luogo o si è abitanti della sua terra? La differenza è notevole e proprio oggi vale la pena di ricordare che appartenere ad una collettività consiste nel lavorare nei suoi confini ed in essi sentirsi protetti. In effetti si tratta di un sistema di funzionamento psichico primordiale, in cui nella collettività ognuno si muove a seconda della tutela che percepisce. In fondo a tutto gli esseri umani pensano e si comportano a seconda di argomenti logici, elementari, tra questi quello di venire protetti dal sistema in cui vivono. Dunque, la società si compone del rispetto che mostra ed in essa gli individui si sentono più o meno al sicuro, figli della loro stessa Nazione.